mercoledì 22 febbraio 2012

Krishnamurti:Il pensiero genera la paura



Mi sembra che sia sempre un bene essere seri, a maggior ragio­ne se stiamo seduti qui per parlare di cose serie. Abbiamo bi­sogno di una certa attenzione, di una certa capacità di penetra­zione e di una profonda indagine sugli svariati problemi che ciascuno di noi ha e su quelli che il mondo sta affrontando. Com’è noto, non solo in questo paese, ovunque nel mondo, il caos, l’estrema confusione e la miseria umana in ogni forma non accennano a diminuire, Sebbene vi sia un grande benesse­re, l’Occidente ha molti problemi, non solo dal punto di vista economico e sociale, ma a un livello molto più profondo. La ribellione tra i giovani continua; essi non accettano più la tradizione, l’autorità, il modello della società.

E quando si giunge in questo paese, come facciamo ogni anno, si assiste al rapido declino, alla povertà, alla totale indifferenza nei confronti degli esseri umani, al sofisma politico, all’assolu­ta cessazione di qualsiasi profonda ricerca religiosa, alla guerra tribale fra i vari gruppi e al digiuno per questioni insignifican­ti. Quando la casa sta bruciando, quando c’è un simile caos, una simile miseria, passare la propria vita o anche soltanto mettersi in mostra su questioni insignificanti, denota il livello mentale di coloro che vengono ritenuti capi religiosi o politici.

Anche quando tutti questi fatti vengono osservati, non solo esteriormente, da un punto di vista organizzativo, economico e sociale, ma altresì interiormente, prescindendo da ogni ripetersi di tradizioni, prescindendo dai modelli di pensiero approvati e dalle innumerevoli banalità che vengono dette, e quando inte­riormente si vada profondamente al di là di tutto ciò, si scoprirà che c’è un grande caos, una grande contraddizione. Non si sa che cosa fare. Si è sempre alla ricerca, senza posa; passando da un libro all’altro, da una filosofia all’altra, da un maestro all’al­tro. E ciò che stiamo effettivamente cercando non è la chiarez­za; non è la comprensione della reale condizione della mente, ma piuttosto le vie e i mezzi per sfuggire a noi stessi. Le religio­ni, in forme diverse, in ogni parte del mondo, hanno offerto questa fuga e noi ci accontentiamo di tentare di scoprire un ri­fugio comodo, piacevole, soddisfacente. Quando si osserva tutto ciò – l’aumento della popolazione, la totale insensibilità degli esseri umani, l’assoluta indifferenza verso i sentimenti altrui, le vite altrui, la completa negligenza della struttura sociale – ci si domanda se da questo caos possa scaturire l’ordine. Non un ordine politico – la politica non può mai stabilire l’ordine, né pos­sono farlo una struttura economica e un’ideologia differente. Ma noi abbiamo bisogno di ordine, dato che, sia esteriormente sia interiormente, c’è un estremo disordine di cui si è casualmente, vagamente, speculativamente consapevoli. Si ha la sen­sazione che i problemi siano immensi. L’incremento demografico è così rapido che ci si chiede: «Che cosa posso fare io come essere umano che vive in questa miseria caotica, nella violenza, nella stupidità? Che cosa posso fare?» Di certo dovete esservi posti questa domanda se siete un minimo seri. E se ci si è posti questo interrogativo molto serio: «Che cosa si può fare da soli?» la risposta costante è: «Temo di poter fare ben poco per modificare la struttura della società, per portare ordine, non soltanto all’interno ma anche esteriormente».

E di solito ci si pone la domanda: «Che cosa posso fare?» e invariabilmente la risposta è: «Ben poco». E qui ci si ferma. Ma il problema esige una risposta molto più profonda. La sfida è così grande che tutti noi dobbiamo farvi fronte totalmente, non con una risposta condizionata – non come hindú, buddhi­sti, musulmani, parsi, cristiani; tutto ciò è morto, andato, finito; non ha più alcun significato, se non per il politico che sfrut­ta l’ignoranza e la superstizione. Le scritture, le cose dette dai filosofi, dalle autorità religiose, con le loro sanzioni, con le loro richieste a cui voi ubbidite, che voi accettate, hanno perduto del tutto qualsiasi significato per l’uomo che è consapevole, che è conscio dei problemi del mondo.

Sapete, l’uomo ha perduto la fede in ciò che credeva. Non se­gue più nessuno. Sapete che cosa accade politicamente quan­do il pubblico lancia scarpe e pietre all’oratore? Significa che
si sta liberando dalla leadership. Non vuole più che gli venga detto cosa fare. L’uomo è disperato. L’uomo è confuso. C’è moltissima afflizione. E nessuna ideologia, di sinistra o di de­stra, ha un qualche significato. Tutte le ideologie sono comun­que insensate. Non hanno significato quando si trovano di fronte al fatto reale del «ciò che è». Perciò, possiamo ignorare non solo l’autorità della leadership, ma anche quella del sacer­dote, quella del libro, quella della religione. Possiamo ignorarle tutte interamente, e dobbiamo farlo al fine di scoprire il ve­ro. E non potete neppure ritornare al passato. Sapete, in questo paese si sente spesso parlare dell’eredità dell’India, di ciò che l’India è stata. Parlano eternamente del passato, di ciò che l’India era. E di solito la gente che parla delle culture del passato ha una scarsissima profondità di pensiero; può ripetere ciò che è stato, quanto hanno detto i libri; ed è un utile nar­cotico con cui incantare la gente. Quindi, possiamo ignorare tutte queste cose, spazzarle via del tutto. Dobbiamo farlo, perché abbiamo dei problemi che richiedono un’enorme attenzio­ne, un pensiero profondo e un’indagine, non la ripetizione di ciò che qualcuno ha detto, per quanto grande egli possa essere. Così, quando abbandoniamo tutte le cose che sono state, che hanno provocato questa miseria immensa, questa brutalità e questa violenza assolute, allora affrontiamo i fatti, affrontia­mo effettivamente «ciò che è», sia esteriormente sia interiormente, non «ciò che dovrebbe essere». Il «ciò che dovrebbe essere» non ha significato.

Sapete, le rivoluzioni – come quella Francese, quella Russa, quella Comunista – sono state fatte in base a ideologie del «ciò che dovrebbe essere». E dopo aver ucciso milioni e milioni di persone, scoprono che la gente è stanca delle ideologie. Così, non siete più degli ideologi, dei capi. Non avete più nessuno che vi dica cosa fare. Ora affrontate il mondo per conto vo­stro, da soli, e dovete agire. Il vostro problema, dunque, si fa immensamente grande, spaventoso. Voi, come esseri umani, da soli, senza alcun sostegno da parte di chicchessia, dovete esaminare i problemi chiaramente, e agire senza alcuna confu­sione, in modo da diventare delle oasi in un deserto di idee. Sapete che cos’è un’oasi? È un luogo con qualche albero, dell’acqua e un piccolo pascolo in un vasto deserto in cui non c’è nulla, fuorché sabbia e confusione. Ecco ciò che ciascuno di noi deve essere al giorno d’oggi – un’oasi, in cui noi siamo – di modo che ciascuno di noi sia libero, limpido, non confuso, e possa agire non secondo l’inclinazione personale, o il proprio carattere, o perché costretto dalle circostanze.

La sfida è, dunque, enorme e non potete risponderle sottraen­dovi a essa. È alla vostra porta e, quindi, dovete ponderare. Dovete guardarvi intorno. Dovete scoprire da soli che cosa fare. Ed è ciò che faremo insieme. Chi vi parla non vi dirà cosa fare, perché per lui l’autorità non esiste. Ed è molto importan­te che comprendiate che qualsiasi autorità spirituale è terminata, poiché essa ha portato alla confusione, a un’infinita miseria, al conflitto. Soltanto i più sciocchi seguono.

Se siamo in grado, dunque, di accantonare ogni autorità, allora possiamo cominciare a indagare, a esplorare. E, per esplorare, dobbiamo avere l’energia non solo fisica ma anche mentale, per cui il cervello funzioni attivamente, non ottenebrato dalla ripe­tizione. È solo quando c’è attrito che l’energia viene dissipata. Per favore, seguite questo ragionamento ancora un po’. Non accettate quanto dice chi vi parla, perché ciò non ha senso. Sia­mo interessati alla libertà, non a un tipo particolare di libertà, ma alla libertà totale dell’uomo. Abbiamo, dunque, bisogno di energia, non solo per realizzare una grande rivoluzione psicolo­gica, spirituale in noi stessi, ma anche per indagare, per guardare, per agire. E fino a quando c’è un qualche genere di attrito, nel rapporto tra marito e moglie, tra uomo e uomo, tra una co­munità e l’altra, tra un paese e l’altro, esteriormente o interiormente; finché c’è conflitto, qualunque sia la sua forma, per quanto sottile possa essere, c’è uno spreco di energia. E si ha il colmo dell’energia quando c’è la libertà.

Indagheremo e scopriremo ora, per conto nostro, come essere liberi da questo attrito, da questo conflitto. Voi e io faremo un viaggio in esso, esplorando, indagando, domandando, senza mai seguire. Dunque, per indagare occorre la libertà. E non c’è libertà quando c’è paura. Siamo oppressi dalla paura, non solo esteriormente ma anche interiormente. C’è la paura este­riore di perdere il lavoro, di non avere cibo a sufficienza, di perdere la nostra posizione, la paura del nostro capo che si comporta in malo modo. Anche interiormente c’è moltissima paura – la paura di non essere e di non saper diventare un suc­cesso, la paura della morte, la paura della solitudine, la paura di non essere amati, la paura della noia estrema, e via dicendo. C’è così questa paura ed è essa che impedisce di indagare su tutti i problemi e liberarsene. È questa paura che impedisce un’indagine profonda all’interno di noi stessi.

Il nostro primo problema, il nostro problema essenziale è, quindi, liberarci dalla paura. Sapete che cosa fa la paura? Of­fusca la mente. La rende ottusa. A causa della paura esiste la violenza. A causa della paura esiste quel culto di qualcosa di cui nulla sapete. Inventate, quindi, delle idee, delle immagini – immagini create dalla mano o dalla mente, e svariate filosofie. E più siete intelligenti, più avete autorità nella voce e nel gesto, e più gli ignoranti vi seguono. Quindi il vostro primo interesse è scoprire se sia possibile essere totalmente liberi dalla paura. Per favore, ponetevi questa domanda e scopritelo.

Nel corso di questi quattro discorsi quello che state cercando di fare è provocare un’azione da parte di un essere umano in un mondo che è un deserto, che è nella confusione, che è fatto di violenza in modo che ciascuno di noi diventi un’oasi. E per scoprire e determinare quella chiarezza, quella precisione, di modo che la mente sia in grado di andare ben oltre ogni pensiero, prima deve esserci la libertà da qualsiasi paura.

Ora, per prima cosa, c’è la paura fisica,. che è una reazione animale – perché noi abbiamo ereditato molto dall’animale, gran parte della struttura del nostro cervello è eredità animale. Questa è una realtà scientifica. Non è una teoria; è una realtà. Gli animali sono violenti e violenti sono gli esseri umani. Gli animali sono ingordi; amano che li si blandisca; amano essere coccolati; amano vivere comodamente; e così fanno gli esseri umani. Gli animali sono avidi, competitivi e così sono gli esse­ri umani. Gli animali vivono in gruppo; similmente, agli esseri umani piace svolgere delle attività di gruppo. Gli animali hanno una struttura sociale e così gli esseri umani. Possiamo scen­dere ancor più nei particolari, ma questo è sufficiente per renderci conto che c’è moltissimo in noi che appartiene ancora all’animale.

Ed è possibile liberarci non solo dall’animale, ma anche trascenderlo di gran lunga e scoprire – non soltanto indagare ver­balmente, ma scoprire effettivamente – se la mente possa andare al di là del condizionamento della società, della cultura in cui essa è educata? Per scoprire o per imbattersi in qualcosa che appartiene a una dimensione totalmente altra, deve esserci libertà dalla paura.

Evidentemente, una reazione di autodifesa non è paura. Ab­biamo bisogno di cibo, abiti, riparo – tutti noi, non solo il ric­co, l’altolocato. Tutti abbiamo bisogno di queste cose e il pro­blema non può essere risolto dai politici. I politici hanno diviso il mondo in paesi come l’India, ciascuno con il proprio governo sovrano distinto, con il proprio esercito distinto, e tutto quel velenoso nonsenso sul nazionalismo. C’è un unico problema politico ed è realizzare l’unità umana. E questa non può essere realizzata se vi attaccate alla vostra nazionalità, alle vostre insignificanti divisioni tra Sud, Nord, Telugu, Tamil, Gujaratt e tutto il resto – diventa tutto così infantile. Quando la casa sta bruciando, signori, non si parla dell’uomo che sta portando l’acqua; non si parla del colore dei capelli dell’uomo che ha appiccato il fuoco, ma si porta dell’acqua. Il nazionali­smo ha diviso l’uomo, così come le religioni; e questo spirito nazionalistico e le credenze religiose lo hanno separato, mettendo uomo contro uomo. Ed è facile capire perché ciò è accaduto: perché a noi tutti piace vivere in un nostro piccolo disor­dine.

E così si deve essere liberi dalla paura, ed è una delle cose più difficili a farsi. La maggior parte di noi non è consapevole di aver paura e non è consapevole di ciò che teme. E quando sco­priamo ciò di cui abbiamo paura, non sappiamo che cosa fare. Così fuggiamo da esso. Comprendete, signori? Scappiamo da ciò che siamo, il che è paura; e ciò verso cui scappiamo accresce la paura. Sfortunatamente, abbiamo sviluppato un sistema di fughe. Così uno deve essere consapevole non solo delle pau­re che ha, ma anche del sistema che ha sviluppato e attraverso il quale fugge.

Ora, come si origina la paura? Avete paura di qualcosa – paura della morte, paura di vostra moglie, di vostro marito, paura di perdere il lavoro, paura di tante cose. Adesso, delle paure che avete, prendetene una in particolare e siatene consci. Procederemo a esaminare come essa si origini e che cosa possiamo fare in proposito, come risolverla completamente. Stabiliremo, poi, il corretto rapporto fra voi e chi parla. Questa non è psicologia per le masse o auto psicoanalisi per le masse, ma un’indagine intorno a certi fatti che dobbiamo affrontare insieme. Come accade che si abbia paura – paura del domani, paura di perdere il lavoro, paura della morte, paura di ammalarsi, paura del dolore? La paura implica un processo del pensiero relativo al futuro o al passato. Temo il domani, ciò che potrebbe accadere. Temo la morte; è ancora lontana ma io ne ho paura. Ora, che cosa determina la paura? La paura esiste sempre in rela­zione a qualcosa. Altrimenti non sussisterebbe. Così si teme il domani, ciò che è stato, ciò che sarà. Che cosa ha causato la paura? Non è forse il pensiero? Penso che domani potrei per­dere il mio lavoro, perciò ho paura. Potrei morire e non lo vo­glio; ho vissuto una vita squallida, orrenda, odiosa, brutale, insensibile, senza alcun sentimento e, tuttavia, non voglio morire e il pensiero concepisce il futuro come morte e io ne ho paura.

State seguendo? Per favore, non approvate meramente le parole; non ascoltate soltanto certe parole, ma piuttosto ascoltate perché quello della paura è il vostro problema. E il vostro pro­blema quotidiano, sia che dormiate sia che siate svegli. Dovete risolverlo da soli perché nessuno lo farà per voi: nessun mantra, nessuna meditazione, nessun dio, nessun sacerdote, nes­sun governo, nessun analista, nessuno lo risolverà per voi. Dovete, quindi, comprenderlo, trascenderlo. Perciò, per favore, ascoltate. Non con la vostra mente astuta; non dite: «Ascolterò e confronterò ciò che dice con quello che già so, o con ciò che è stato detto», perché allora non state ascoltando. Per ascoltare dovete prestare la vostra totale attenzione. E prestare un’attenzione totale significa aver interesse. Può esserci attenzione solo quando avete affetto, quando avete amore; il che significa che volete risolvere questo problema della paura. Quando lo avete risolto, diventate degli esseri umani, degli uomini liberi, in grado di creare un’oasi in un mondo in decadenza.

Il pensiero, dunque, genera la paura. Penso di perdere il lavoro, o che potrei perderlo e il pensiero crea la paura. Così il pensiero si proietta sempre nel tempo, perché il pensiero è tempo. Penso alla malattia che ho avuto; il dolore non mi piace e temo che possa ripresentarsi. Ho avuto un’esperienza dolorosa; pensarci e non volerla crea la paura. La paura è strettamente legata al piacere. La maggior parte di noi è mossa dal piacere. Per noi, come per gli animali, il piacere ha un’estrema importanza ed esso fa parte del pensiero. Se penso a qualcosa che mi ha dato piacere, quel piacere si accresce. Giusto? Non avete fatto caso a tutto ciò? Avete avuto un’esperienza piacevole – di un bel tramonto o di sesso – e ci pensate. Il pensarci accresce il piacere; così come pensare a ciò che per voi è stato doloroso genera la paura. Non è vero? Quindi il pensiero crea il piacere e la pau­ra. È inoltre responsabile della domanda e del prolungamento del piacere; ed è altresì responsabile del generarsi della paura, del suo determinarsi. Lo si vede; è un dato di fatto empirico.

Allora ci si chiede: «È possibile non pensare al piacere o al dolore? È possibile pensare solo quando si ha bisogno di pensare, ma non altrimenti?» Signori, quando siete in ufficio, quan­do state lavorando, il pensiero è necessario, altrimenti non potreste far nulla. Quando parlate, quando scrivete, quando ragionate, quando andate in ufficio, il pensiero è necessario. Lì deve funzionare con precisione, in modo impersonale. Li il pensiero non deve essere guidato dall’inclinazione, da una ten­denza. Lì il pensiero è necessario. Ma lo è in ogni altra sfera dell’agire?

Seguite, per favore. Per noi il pensiero è molto importante: è il solo strumento che abbiamo. Il pensiero è la risposta della memoria che è stata accumulata attraverso l’esperienza, attraverso la conoscenza, attraverso la tradizione; e la memoria è il risultato del tempo, ereditata dall’animale. E con questo bagaglio noi reagiamo. Questa reazione è il pensare. Il pensiero è essenziale a certi livelli. Ma quando si proietta psicologicamente come in termini di futuro e passato, allora crea la paura, come pure il piacere; e in questo processo la mente è resa ottusa e, di conse­guenza, l’inazione è inevitabile. Signori, la paura, come si diceva, è cagionata dal pensiero – pensare di perdere il lavoro, pen­sare che mia moglie potrebbe scappare con qualcuno, pensare alla morte, pensare a ciò che è stato, e via dicendo. Può il pensiero smettere di pensare al passato psicologicamente, con intento autodifensivo, o al futuro?

Capite la questione? Vedete, signori, la mente, cervello inclu­so, può inventare e può superare la paura. Superare la paura significa eliminarla, disciplinarla, controllarla, tradurla in qualcos’altro; ma tutto ciò implica attrito, giusto? Quando ho pau­ra, dico a me stesso: «Devo controllarla, devo evitarla, devo superarla» e tutto ciò implica un conflitto, vero? E questo conflitto è un dispendio di energia. Ma se comprendessi come si origina la paura, allora potrei occuparmene. Mi rendo conto di come il pensiero crei la paura; così mi domando: «È possibile che il pensiero si arresti, dal momento che altrimenti la paura continuerà?» Mi chiedo allora: «Perché penso al futuro? Perché penso al domani?» oppure: «Perché penso a ciò che ieri è stato piacere o dolore?»

Per favore, ascoltate con calma. Sappiamo che il pensiero crea la paura. Una delle funzioni del pensiero è quella di essere oc­cupato, di pensare sempre a qualcosa: come una casalinga che pensa al cibo, ai bambini, a rigovernare – tutto ciò è la sua oc­cupazione; toglietegliela e sarà perduta, si sentirà del tutto insoddisfatta, sola, triste. Oppure togliete Dio all’uomo che lo venera, che se ne occupa, ed egli sarà completamente perduto. Il pensiero, quindi, deve occuparsi di qualcosa; che si tratti di se stesso o di politica, oppure di come realizzare un mondo diverso, una diversa ideologia, e via dicendo. La mente dev’esse­re occupata. E la maggior parte di noi vuole essere occupata; altrimenti ci sentiremmo perduti, non sapremmo cosa fare, ci sentiremmo soli, dovremmo confrontarci con ciò che realmen­te siamo. Capite? Così, voi siete occupati; il pensiero è occupato – il che vi impedisce di guardarvi, di vedere ciò che siete realmente.

Ci interessa realizzare un mondo diverso, un diverso ordine sociale. Non ci interessano le credenze religiose e i dogmi, le superstizioni e i riti, bensì ciò che è vera religione. E, per sco­prirlo, non deve esserci la paura. Sappiamo che il pensiero ge­nera la paura e che deve occuparsi di qualcosa poiché, in caso contrario, si sentirebbe perduto. Una delle ragioni per cui ci occupiamo di Dio, della riforma sociale, di questo, di quello, di qualcosa o d’altro, è perché nel profondo di noi stessi te­miamo di restare soli, di essere vuoti. Sappiamo com’è il mon­do: un mondo di brutalità, di brutture, di violenza, di guerre, di odi, di divisioni di classe e nazionali, e così via. Sapendo esattamente come il mondo è – non come riteniamo dovrebbe essere – il nostro interesse è imprimergli una trasformazione radicale. Per farlo, la mente umana deve subire un mutamento enorme, e la trasformazione non può aver luogo se c’è una qualche forma di paura.

Ci si chiede perciò: «È possibile che il pensiero cessi, di modo che si viva in maniera completa, piena?» Vi siete mai accorti che, quando seguite completamente, quando prestate tutta la vostra attenzione a qualcosa, non c’è osservatore e, dunque, non c’è un soggetto pensante, non c’è un centro da cui osser­vare? Fatelo qualche volta; prestate tutta la vostra attenzione – non la «concentrazione». La concentrazione è la forma di pensiero più assurda, quella che qualsiasi scolaro può esercitare. Ciò di cui stiamo parlando è «attenzione» – ovvero, prestare attenzione. Se ora state ascoltando con tutto il vostro essere, con la vostra mente, con il vostro cervello, con i vostri nervi, con la vostra energia totale – ascoltando, non accettando, non rifiutando, non confrontando, ma ascoltando veramente, con attenzione assoluta – c’è un’entità che ascolti, che osservi?

Scoprirete che non c’è affatto un osservatore. Ora, quando guardate un albero, fatelo con assoluta attenzione. Ci sono tanti alberi qui; guardateli. Quando ascoltate il verso dei corvi di notte, andando a dormire, fatelo in modo assoluto. Non dite «Mi piace quel verso» o «Non mi piace quel verso». Ascol­tatelo con il vostro cuore, con la vostra mente, con il vostro cervello, con i vostri nervi, completamente. Guardate anche l’albero senza l’interferenza del pensiero – il che significa nes­suno spazio tra l’osservatore e l’osservato. Quando prestate una simile attenzione, totale e assoluta, non c’è affatto un os­servatore. Ed è l’osservatore che genera la paura, perché l’osservatore è il centro del pensiero; è il «me», l’«io», il sé, l’ego; l’osservatore è il censore. Quando non c’è pensiero, non c’è osservatore. Questo stato non è vacuo. Richiede una grandissi­ma capacità d’indagine – senza mai accettare niente.

Capite, avete accettato per tutta la vita; avete accettato la tradi­zione, la famiglia, la società quale essa è. Siete semplicemente entità che dicono di sì. Non dite mai di no a nessuna di queste cose; e quando lo fate si tratta semplicemente di una ribellio­ne. E la ribellione crea il proprio modello, che diventa, allora, abitudine, tradizione. Ma se avete compreso l’intera struttura sociale, vedrete che essa è basata sul conflitto, sulla competi­zione, sulla spietata affermazione di se stessi a qualsiasi prezzo, in nome di Dio, in nome della nazione o in nome della pace, e via dicendo.

Per essere, dunque, liberi dalla paura, prestate completa atten­zione. La prossima volta in cui la paura sorgerà nella vostra mente – paura di ciò che accadrà, o paura che possa ripetersi qualcosa che è accaduto – prestate tutta la vostra attenzione; non sfuggite; non cercate di cambiarla, di controllarla, di eliminarla; fondetevi con essa totalmente, completamente, con tutta l’attenzione. Vedrete allora, che, poiché non c’è un osser­vatore, non si ha la benché minima paura.

Un nostro tipico errore è quello di pensare che ci sia l’incon­scio; una cosa profondamente radicata che cagionerà, in forme diverse, la paura. Capite? Ogni coscienza ha i suoi limiti. Per trascendere l’entità cosciente condizionata, limitata, non è bene dividerla in «conscio» e «inconscio». C’è solo la sfera conscia; e se prestate attenzione in ogni momento, completamente, allora cancellerete l’inconscio, come pure la coscienza limitata.

L’attenzione non può essere coltivata. Non esiste nessun meto­do, sistema, pratica per mezzo dei quali si possa diventare attenti. Perché, quando mettete in pratica un metodo per stare attenti, è evidente che state coltivando la disattenzione. Ciò che vi interessa, in questo caso, è coltivare l’attenzione con l’essere disattenti. Quando seguite un sistema, un metodo, che cosa state facendo? State coltivando meccanicamente certe abitudini, ripetendo una certa attività che non fa altro che ot­tundere la mente senza affinarla. Mentre, se prestate attenzio­ne completamente, anche solo per un secondo o un minuto, allora vedrete che la totale attenzione momentanea cancella ciò di cui avete avuto paura. In quell’attenzione non c’è né l’osservatore né l’osservato. L’osservatore, allora, è l’osservato. Ma per comprenderlo, per approfondirlo, si deve indagare su tutto il problema del tempo e dello spazio.

Ma, vedete, la nostra difficoltà è che siamo così pesantemente condizionati da non guardare mai, non chiedere mai, non farci mai domande, non dubitare mai. Noi tutti seguiamo qualcuno, diciamo di sì. E la crisi attuale richiede di non seguire nessuno. A motivo della vostra confusione, non potete seguire nessuno; poiché quando siete confusi e seguite qualcuno, lo state facendo a causa della confusione, non della chiarezza. Se avete chiarezza, non seguirete mai nessuno. E quando seguite qualcuno a causa della vostra confusione, create altra confusione. Così, ciò che dovete fare è, anzitutto, fermarvi, indagare, guardare, ascoltare.

Sfortunatamente, questo paese è molto antico nella sua cosid­detta cultura. «Cultura» è una parola molto bella, ma è stata rovinata dai politici, dalla gente che ha una scarsissima capa­cità di pensiero, o ben poco di originale da dire. Così, hanno usato la parola «cultura» per coprire la propria limitatezza di pensiero. Ma, per realizzare una cultura diversa – il che significa crescere, fiorire, e non rimanere in una condizione statica – e per comprendere ciò, si deve cominciare da se stessi. Perché voi siete il risultato di questa cultura, la cultura dell’India, con tutte le sue tradizioni, superstizioni, paure, la cultura in cui sono presenti religione, divisioni sociali, divisioni linguistiche. Fate parte di tutto ciò; siete ciò; non ne siete separati. Così, non appena siate consapevoli di quello che siete, e prestiate un’attenzione totale vi renderete conto di aver immediatamen­te rinunciato a tutto ciò. Allora sarete del tutto liberi dal passato. E solo quando sarete consapevoli del vostro condizionamento che esso sparirà spontaneamente – non per mezzo di un qualche atto di volontà, una qualche abitudine; non attraverso una qualche reazione; esso cesserà solo perché vi prestate la vostra attenzione.

Ma la maggior parte di noi trascorre la vita nella disattenzione. Raramente siamo attenti. E quando lo siamo, in genere, reagia­mo in base al nostro condizionamento come hindú, buddhisti, comunisti, socialisti, o quel che si voglia. E pertanto rispondia­mo dal retroterra culturale in cui siamo stati educati. Una rea­zione del genere, dunque, crea solo ulteriore schiavitù, ulteriore condizionamento. Ma quando diventerete consapevoli del vo­stro condizionamento – siatelo semplicemente; prestate soltan­to un po’ di attenzione – allora vedrete che la vostra mente non è più divisa in conscio e inconscio, che non sta più ciarlando in­terminabilmente. La mente si fa, a quel punto, straordinariamente sensibile. Ed è solo una mente molto sensibile che può starsene in silenzio – non una mente abbrutita, non una mente che è stata torturata con la disciplina, il controllo, l’adattamen­to o il conformismo. Una mente siffatta non può mai essere quieta mediante quella ripetizione che essa definisce meditazio­ne. La meditazione è qualcosa di totalmente diverso – un argomento che approfondiremo, forse, un’altra volta.

Come si diceva, una mente spaventata, qualsiasi cosa faccia, non avrà affatto amore; e senza amore non si può costruire un mondo nuovo. Senza amore non può esserci alcuna oasi. E voi, come esseri umani, avete creato la struttura sociale in cui siete invischiati. Per staccarvi da essa – e dovete staccarvene completamente – dovete comprendere voi stessi; dovete solo osser­varvi per come siete. Allora, da quella chiarezza proviene l’azione. E allora scoprirete per conto vostro un modo di vivere differente; un modo di vivere che non è ripetitivo, che non si conforma, che non imita; una vita che è veramente libera e, quindi, una vita che apre la porta a qualcosa che è al di là di ogni pensiero.
Primo Discorso a Bombay, 1967

domenica 19 febbraio 2012

...Vacanze? No, giusto il contrario...








Volevo avvisare il lettori, che la  mancanza di post e pubblicazioni in queste settimane, non è dovuta ad una ad un mio  " ritiro o allontanamento dal queste questioni ".

Tutt'altro! ...Stanno venendo alla luce, grazie al confronto con altre persone con molta esperienza pratica nelle " ricerca " e dotate di elevata comprensione personale, nuove e sconvolgenti " Realtà e Livelli di Interferenza e Manipolazione Energetica sul  Nostro Piano ancora Maggiori " che stiamo appunto verificando...

Le pubblicazioni e informazioni riprenderanno, quando avremo fatto ulteriore chiarezza e " Sperimentazione ".





Grazie della Comprensione.



Stay Tuned! ;)

martedì 31 gennaio 2012

True Revolution


Ecco, ancora una volta, " Chi è " o meglio, " Cosa è " [ Stato dell'Essere ] True Revolution:

" Credo che la maggior parte di noi consideri prive di importanza le azioni individuali, mentre pensa che c’è tanto bisogno di azioni collettive. Per quasi tutti noi, l’azione individuale è in genere con­trapposta all’azione collettiva. La maggior parte di noi ritiene che l’azione collettiva sia molto più importante e che, per quanto ri­guarda la società, abbia maggior valore rispetto a quella individuale. Per noi, l’azione individuale non porta da nessuna parte, non è sufficientemente significativa o abbastanza creativa da produrre un preciso cambiamento che conduca all’ordine, una determinata ri­voluzione nella società. Quindi, consideriamo l’azione collettiva molto più imponente, molto più impellente di quella individuale. Particolarmente in un mondo che sta diventando sempre più tecni­cizzato e meccanicizzato, l’azione individuale trova ben poco spazio e così, gradualmente, l’importanza dell’individuo diminuisce e diventa molto importante la collettività.


Si può osservare che ciò accade quando la mente di un uomo viene esautorata, collettivizzata – se posso usare questa parola – quando è obbligata a conformarsi molto più di prima. La mente non è più libera. Viene manipolata dalla politica, dall’istruzione, da dogmi e credi religiosi organizzati. In ogni parte del mondo, la libertà sta diminuendo sempre più, e l’individuo diventa sempre meno significativo. Dovete aver osservato, non soltanto nella vostra vita, ma anche in generale, che la libertà sta svanendo: la libertà di pensare in maniera indipendente, la libertà di prendere le difese di qualcosa che ritenete giusto, la libertà di dire “no” all’ordine stabilito, la libertà di scoprire, di mettere in discussione, di trovare da soli. Le posizioni di comando stanno diventando sempre più im­portanti, perché vogliamo che ci venga detto cosa fare, vogliamo essere guidati. E sfortunatamente, quando ciò avviene, la corruzio­ne è inevitabile, c’è il deterioramento della mente; non la mente in senso tecnico, non la capacità di costruire ponti, reattori atomici e via dicendo, ma il deterioramento della qualità della mente che è creativa. Sto usando il termine creativo in modo molto differente da quello solito. Non intendo dire creativo nel senso dell’essere in grado di scrivere una poesia, costruire un ponte o riprodurre in marmo o in pietra una visione che è stata còlta; queste sono sem­plici espressioni di ciò che si sente o si pensa. Stiamo invece par­lando di mente creativa in un senso piuttosto diverso: una mente che è libera, è creativa; una mente che non è vincolata dai dogmi, dalle fedi; una mente che non si è rifugiata nei limiti dell’esperien­za; una mente che abbatte le barriere della tradizione, dell’autorità, dell’ambizione; che non si trova più nella rete dell’invidia; una mente simile è una mente creativa. E mi sembra che sia necessaria una tale mente creativa, libera, in un mondo in cui ci sono minac­ce di guerra, in cui c’è un deterioramento generale.
È assolutamente, estremamente necessario mutare l’intero corso del pensiero umano, dell’esistenza umana, perché sta diventando sempre più meccanicistico. E non vedo come questa rivoluzione totale possa aver luogo, se non nell’individuo. La collettività non può essere rivoluzionaria; la collettività può soltanto seguire, adat­tarsi, imitare, conformarsi. Ma è soltanto l’individuo, il “tu”, che può distruggere, frantumare tutti i condizionamenti ed essere crea­tivo. Ed è la crisi di coscienza che esige questa mente, questa mente nuova. E, come risulta evidente da quanto può essere osservato, non si pensa mai secondo questi criteri, ma si pensa sempre che un ulteriore miglioramento – un miglioramento tecnologico, mecca­nicistico – farà nascere in qualche modo miracoloso la mente creativa, la mente che è libera dalla paura.
Quindi, non ci interesseremo del miglioramento dei procedimenti tecnici che sono necessari nel mondo collettivo dell’azione meccanicistica ma, invece, del modo in cui far nascere la mente creativa, la mente nuova. Perché in questo paese, come si può ve­dere, c’è un declino generale, eccetto forse nel campo industriale, nel fare più soldi, costruire ferrovie, dragare canali, dragare fiumi, lavorare il ferro, fabbricare una maggior quantità di prodotti; che sono tutte cose necessarie. Ma questo non sta facendo nascere una nuova civiltà. Porterà il progresso, ma il progresso, come si può osservare, non porta libertà all’uomo. Le cose sono necessarie, i prodotti sono necessari; un maggior numero di abitazioni, una mag­giore quantità di vestiario, di cibo, sono assolutamente necessari; ma c’è un’altra cosa altrettanto necessaria: l’individuo che dice “no”.
Dire “no” è molto più importante del dire “si”. Diciamo tutti “sì” e non diciamo mai “no” attenendoci a questo “no”. È molto difficile negare, ed è molto facile conformarsi, e la maggior parte di noi si conforma perché è talmente facile scivolare nel conformismo a causa della paura, del desiderio di sicurezza, e poi ristagnare e gra­dualmente disintegrarsi. Ma dire “no” richiede il più elevato modo di pensare, perché dire “no” implica il pensiero negativo, ossia ve­dere ciò che è falso. La sola percezione di ciò che è falso, la chia­rezza con cui si vede ciò che è falso, questa precisa percezione è l’azione creativa. Negare qualcosa, mettere in discussione qualcosa – per quanto sia sacro, potente, provato – richiede una profonda penetrazione, richiede la frantumazione delle proprie idee e tradi­zioni. E un individuo simile è assolutamente essenziale in un mondo moderno in cui la propaganda, la religione organizzata, le fin­zioni stanno prendendo il sopravvento. Non so se anche voi ne ve­dete l’importanza, non con le parole, in teoria, ma nella realtà.
Sapete che ci sono vari modi di osservare queste cose. O le osserviamo direttamente e facciamo esperienza della cosa che vedia­mo, oppure esaminiamo ciò che vediamo, verbalmente, intellet­tualmente, elaboriamo teorie su “ciò che è” e troviamo spiegazioni a “ciò che è”. Ma senza trovare spiegazioni, senza un mero giudizio, che verrà in un secondo tempo, percepire direttamente qualcosa come falso richiede attenzione, richiede tutta la vostra abilità. Ed evidentemente, soprattutto in questa sfortunata nazione in cui la tradizione, l’autorità e la cosiddetta saggezza antica governano e dominano, sembra mancare totalmente quella caratteristica stimo­lante che permette di vedere ciò che è falso, di negarlo e di atte­nersi a questa negazione. Ma indagare su ciò che è falso richiede una mente libera. Non potete porre domande se vi siete impegnati in una particolare forma di fede, in un particolare tipo di esperien­za, in una certa linea di azione. Se vi siete impegnati in un particolare modello governativo, non potete mettere in discussione, non osate mettere in discussione, perché perdereste la vostra posizione, la vostra influenza, le cose che temete di perdere. E anche quando vi siete impegnati in una particolare forma di religione in quanto induisti, buddhisti o altro, non osate mettere in discussione, non osate creare uno strappo, distruggere tutto per cercare di scoprire. Ma, sfortunatamente, la maggior parte di noi è impegnata dal punto di vista politico, economico, sociale o religioso, e a partire da lì, da quell’impegno, non mettiamo mai in discussione il centro vero e proprio, quella cosa specifica nella quale ci siamo impegnati. Di conseguenza, continuiamo a cercare la libertà nelle idee, nei libri, in una quantità di parole.
Se mi è permesso, vi suggerirei – mentre ascoltate – di non sentire soltanto le parole – che non sono altro che mezzi di co­municazione, simboli che hanno bisogno di essere interpretati da ognuno – ma anche di scoprire, tramite le parole, il vostro stato mentale, di scoprire da soli le cose alle quali siete legati mani e piedi, mente e cuore; scopritelo veramente e guardate se è possibile demolire le cose in cui vi siete impegnati, scoprire ciò che è vero. Perché non vedo in quale altro modo potrebbe aver luogo una ri­generazione nel mondo. Ci saranno sconvolgimenti sociali, ispirati al comunismo o ad altro; ci saranno più prosperità, più cibo, più aziende, più fertilizzanti, più macchinari e via dicendo. Ma, sicuramente, questa non è tutta la vita, è soltanto una parte della vita. Partecipare alle cerimonie religiose e vivere nella frammentarietà non risolve i problemi umani. C’è ancora sofferenza, c’è ancora morte, c’è ancora ansia, colpa, ci sono ancora i dolori dovuti a tante idee, speranze, disperazioni; sono tutte presenti.
Così, per quanto riguarda l’ascolto, suggerirei che dovrebbe essere piuttosto un ascolto della mente che sta esaminandosi, che sta esaminando i propri meccanismi invece di ascoltare le parole con le quali si trova in accordo o in disaccordo, il che ha ben poca im­portanza. Perché stiamo affrontando solamente dei fatti: il fatto che gli esseri umani stanno diventando sempre più ripetitivi; il fatto che c’è sempre meno libertà; il fatto che, quando c’è confusio­ne, si fa ricorso all’autorità; e il fatto che ci sono conflitti esterni, come le guerre, e conflitti interiori, come l’infelicità, la disperazio­ne, la paura. Questi sono tutti fatti da affrontare, non in teoria ma nella realtà. Quindi, ciò che importa è come operare un cambiamento – una rivoluzione radicale nell’individuo – in chi ascolta, perché è l’unico che può essere creativo, non il politico, non il ca­po, non il pezzo grosso; questi si sono impegnati, e si sono siste­mati seguendo una routine. E vogliono la fama, vogliono il potere, una posizione. Potreste volere anche voi queste cose, ma state an­cora cercando la via che vi ci porta, quindi c’è ancora qualche spe­ranza, perché non siete completamente impegnati, non siete gli uo­mini famosi della zona. Siete ancora gente comune, non siete dei dirigenti, non avete enormi organizzazioni delle quali essere a ca­po, siete soltanto uomini comuni, nella media. Ed essendo abba­stanza disimpegnati, avete ancora qualche speranza.
Potrebbe essere quindi possibile, anche se all’ultimo momento, operare un cambiamento in voi stessi. E questa è l’unica cosa che ci importa: come provocare una straordinaria rivoluzione in noi stessi.
La maggior parte di noi cambia a causa di una costrizione, di qualche influsso esterno, della paura, di una punizione o di una ri­compensa: soltanto questo ci farà cambiare. Seguite, osservate tutto ciò. Non cambiamo mai spontaneamente, cambiamo sempre per un motivo, e un cambiamento dovuto a un motivo non è affatto un cambiamento. Ed essere consapevoli dei motivi, degli influssi, delle costrizioni che ci obbligano a cambiare, esserne consapevoli e ne­garli vuol dire operare un cambiamento. Le circostanze ci fanno cambiare; la famiglia, la legge, le ambizioni, le paure provocano un cambiamento. Ma questo cambiamento è una reazione e, quindi, è in realtà una resistenza, una resistenza psicologica a una costrizione. Questa resistenza crea le proprie modifiche, i propri cambiamenti, e quindi non è affatto un cambiamento. Se io cambio o mi adatto alla società perché mi aspetto qualcosa da essa, è un cam­biamento? Oppure il cambiamento può esservi solamente quando guardo le cose che stanno costringendomi a cambiare, e ne vedo la falsità? Tutti gli influssi, buoni o cattivi, condizionano la mente, e limitarsi ad accettare un tale condizionamento vuol dire resistere interiormente a qualsiasi forma di cambiamento, a qualsiasi cam­biamento radicale.
Vedendo quindi, non soltanto in questo paese ma in tutto il mondo, una situazione in cui il progresso sta negando la libertà, in cui la prosperità sta facendo sì che la mente trovi sempre più sicurezza nelle cose, con la conseguenza che c’è sempre meno libertà, in cui le organizzazioni religiose assumono sempre più il controllo sulle confessioni di fede che faranno credere l’uomo in dio o in nessun dio, vedendo che la mente sta diventando sempre più mec­canicistica, e anche osservando che i cervelli elettronici e le co­noscenze tecnologiche moderne stanno dando all’uomo sempre più tempo libero – non ovunque, ancora, ma ci si arriverà – vedendo tutto ciò, dobbiamo cercare di scoprire cos’è la libertà, cos’è la realtà.
Non si può rispondere a queste domande con una mente che ragiona meccanicamente. Dobbiamo porre la domanda a noi stessi, a partire dalle fondamenta, in profondità, rivolti verso l’interiorità, e trovare la risposta da soli, sempre che ci siano risposte; il che vuol dire mettere realmente in discussione ogni autorità. Evidentemente, questa è una delle cose più difficili da fare. Non consideria­mo mai nemica la società. Consideriamo la società come qualcosa con cui dobbiamo vivere; ci conformiamo e ci adattiamo a essa; non pensiamo mai che sia veramente nemica dell’uomo, nemica della libertà, nemica della rettitudine. Pensateci su; osservatela. L’ambiente, ovvero la società, sta distruggendo la libertà. Non vuole un uomo libero, vuole santi, riformatori che modifichino, so­stengano, appoggino le istituzioni sociali. Ma la religione è qualco­sa di completamente diverso. L’uomo religioso è nemico della so­cietà. Il religioso non è un uomo che va in chiesa o si reca al tem­pio, che legge la Gita e celebra la puja ogni giorno; questi non è affatto un religioso. Un uomo veramente religioso si è disfatto di ogni ambizione, invidia, avidità, paura, cosicché ha una mente gio­vane, fresca, nuova, che gli permette di indagare, di scoprire cosa c’è al di là di tutte le cose che l’essere umano ha messo assieme e che chiama religione. Tutto ciò richiede una vasta indagine su se stessi e dentro se stessi, una conoscenza di sé, ma senza queste fondamenta non riuscirete ad andare molto lontano.
Quindi è necessario un mutamento, una rivoluzione completa, non un cambiamento modificato ma un mutamento completo nella mente. Il problema è come operarlo. Vediamo che è necessario.
Qualsiasi persona che ci ha pensato, che ha osservato lo stato in cui si trova il mondo, che è sensibile a ciò che accade dentro e fuori di sé, deve esigere questo mutamento. Ma come si deve operarlo?
Ora, innanzitutto, esiste un “come”, un “come” che sia il metodo, il sistema, la via, la pratica? Se c’è una via, se c’è un metodo, se c’è un sistema, e se lo praticate al fine di operare un mutamento, la vostra mente è semplicemente schiava di quel sistema; la vostra mente è modellata da quel sistema, da quel metodo, da quella pra­tica e, di conseguenza, non potrà mai essere libera. È come dire: “Seguirò una disciplina in modo da essere libero”. Libertà e disci­plina non vanno d’accordo, il che non vuol dire che dobbiate diventare indisciplinati. Lo stesso atto di “ricercare la libertà” genera una sua disciplina. Ma la mente che si è disciplinata con un siste­ma, una regola, una fede, un’idea, una mente simile non potrà mai essere libera. Quindi, bisogna vedere fin dall’inizio che il “come” – che implica pratica, disciplina, seguire una regola – impedisce che avvenga il mutamento. Questa è la prima cosa da vedere, perché la pratica, il metodo o il sistema diventa l’autorità che nega la libertà e, quindi, il mutamento. Bisogna vedere veramente questo fatto, comprenderne la verità. Per vedere, non intendo comprendere intellettualmente, verbalmente, ma essere emotivamente in contatto con il fatto. Siamo emotivamente in contatto con il fatto quando vediamo un serpente; non c’è dubbio, c’è una sfida diretta e una risposta diretta. Allo stesso modo, si deve vedere che qualsiasi si­stema, per quanto ben meditato – non importa da chi – distrugge profondamente la libertà, blocca la creatività, perché i si­stemi implicano un vantaggio, un raggiungimento, un arrivo in qualche luogo, una ricompensa e, quindi, sono la negazione della libertà. Ecco perché seguite qualcuno: perché perseguite il mezzo tramite cui ottenere un vantaggio; e il mezzo è un qualche tipo di disciplina.
Ma bisogna rendersi conto che la mente deve essere assolutamente libera – che sia possibile o no, è un’altra questione – che deve esserci libertà: altrimenti si diventa puramente meccanici, come qualsiasi mirabile macchina. Bisogna vedere molto chiaramente che la libertà è essenziale. Ed è soltanto quando c’è libertà che po­tete scoprire se c’è o non c’è dio o qualcosa di immenso, al di là della misura umana. Allora comincerete a mettere in discussione ogni sistema, ogni autorità, ogni struttura sociale. E la crisi esige una mente così. Sicuramente, soltanto una mente simile può sco­prire ciò che è vero. Soltanto una mente simile può scoprire se c’è o se non c’è qualcosa al di là del tempo, delle cose che l’uomo ha messo assieme nel suo pensiero.
Tutto ciò richiede un’immensa energia, e l’essenza dell’energia è la negazione del conflitto. Una mente che si è persa nel conflitto non ha energia, e poco importa che il conflitto sia al proprio interno o fuori, con il mondo. Tutto ciò richiede un’indagine e una comprensione di vasta portata. E spero che potremo far que­sto: essere consapevoli del fatto, seguirlo fino alla fine e vedere se la mente, la nostra mente, la vostra mente, può essere veramente libera ".

venerdì 27 gennaio 2012

Dialogo con Entità fuori Universo. II e Ultima Parte


Coscienza e Spirito è una cosa sola?
-Eh sì, lei è Anima, corpo e Spirito tutti insieme. Mente è un sottoprodotto di Cadmo, voluto da questo Universo. Ecco perché si prendono gioco della nostra mente con facilità.

Perché è un sottoprodotto?
-Perché noi siamo schematizzati alla mente, che ignora nell'illusione di conoscere tutto.

Come mai è stata creata la mente, se è un sottoprodotto e non è adatta a stare al pari delle altre parti?
-Manipolazione.

E'stato fatto apposta?
-Ingiuria verso di noi.

Chi ha creato mente?
-L'ha voluta Cadmo, con la sua mano sinistra. Con la punta del suo dito medio, ha messo se stesso in ogni creatura.

Cadmo è la mente?
-C'è chi se l'è tolta come una buccia e l'ha rifiutata e chi, come noi, ne è ancora schiavo.

Cadmo è la mente quindi?
-Lui non è la mente, mente è una parte di lui, lui non vive in essa. 

Cadmo dove vive?
-Te l'abbiamo detto prima.

Non il posto fisico, intendo lo Spirito, l'Anima...[ la guida è interrotta dalla risposta del soggetto ].
-Lui è fatto di materia altra. E' del tutto nero. E' che siamo come un grande ecostistema che è stato equilibrato dall'interferenza di due universi che in un punto esatto si sono uniti qui. 

Questa intersezione tra gli universi è stata una cosa voluta da qualcuno?
-L'ha voluta la coscienza stessa dell'Universo in sé.

La coscienza di chi?
-Dell'Universo. Ogni universo è un essere vivente e questi due esseri viventi hanno deciso di inviare un singolo raggio di se stessi al di là, oltre, improvvisamente come una scarica. Uno ha colpito il centro dell'Universo nostro, che ha proiettato verso quello superiore. Questo ha squilibrato il nostro ecosistema e ha sconvolto le nebulose, che si sono ritrovate in un assetto ad arco.


[ L'arco di Barnard. Si tratta di una gigantesca nebulosa ad emissione, molto tenue che si estende per circa 15 gradi nel cuore della costellazione di Orione. Le tre stelle della Cintura sono al centro del fotogramma, dove si riconoscono anche la Testa di Cavallo e M42 ].

Questi discorsi ci interessano fino ad un certo punto. Per riportare ordine sulla Terra e in questo Universo si può fare qualcosa?
-Dobbiamo attendere che finisca l'era della parola.

E basta?
-E arrivi quella della cooperazione. Oh mamma quante cose tutte insieme. Le nazioni che tra loro sono comunque unite...

Sono unite?
-Sì, ma parliamo dell'Universo. Gli agglomerati di pianeti che collaborano tra di loro, non ci vogliono perché noi siamo una società reietta, siamo i figlioli prodighi e quindi, anche se adesso siamo vittime, siamo stati superbi e questo è il nostro merito.

Siamo stati superbi?
-Sì, dobbiamo attendere.

Perché siamo stati superbi?
[time 53.06] -Perché siamo...non capisco, non lo so, siamo andati oltre qualcosa e abbiamo voluto troppo. Anche se adesso siamo vittime, dobbiamo aspettare che l'era del corpo abbia il suo termine e allora finirà l'invasione, scompariranno i rettili e ci sarà la libertà e potremmo tornare ad unirci alle nazioni universali, che sono coalizzate tra loro e in pace. Loro devono ancora capire che deve finire quell'era e che quindi ora siamo solo vittime, senza più meriti.

Si può fare qualcosa per accelerare questo processo o dobbiamo solo stare qui ed aspettare?
-Non poni la domanda fondamentale. Parli per i tuoi limiti troppo ristretti e perdi la coscienza del globo, quindi non sei obbiettivo.

Questa domanda l'ho fatta per sentire qualcosa di diretto.
-Si può migrare.

Adesso? Prima?
-In un punto aperto al Cosmo.

Si può migrare prima che succeda questa cosa? ..Senza aspettare?
-Perchè succeda, l'anno prossimo dovremmo trovarci in un punto esatto dell'universo in cui le coordinate faranno che tutto si liberi e si disgreghi e allora noi torneremo alle nazioni unite. 

Noi dobbiamo trovarci come terra? Come genere umano? O la persona?
[time 56.40] -Le persone. La Terra. Tra loro sentono i richiami.

Già l'anno prossimo?
-L'anno prossimo.

Sì?
-Attorno alla sua fine, non capisco se quattordici o sedici.

Di cosa?
-Di dicembre. Ventuno. Non so. Ci sono delle unità, ma non riesco a contarle.

C'è già la possibilità che succeda questo, l'anno prossimo? [ 2012 in quanto la seduta come scritto nella prima parte è del 1 di Settembre 2011 ].
-La possibilità di svegliarsi c'è sempre, ma noi siamo sbarrati. Dicono che è come mettersi sul lato della ferrovia, mentre passa il treno e farsi prendere dal suo passaggio. La velocità con cui accadrà, ci coinvolgerà interamente e libererà i pochi che sono stati inviati qui e che appartengono ad altre nazioni. Gli altri dovranno avere pazienza e aspettare.

Gli altri, solo quelli che appartengono alle altre nazioni?
-Già, ma che hanno compiuto la loro missione qui, perché chi l'ha persa di vista, dovrà rimanere qui. Il passaggio non è assicurato. 

E noi? Io e te facciamo parte delle nazioni?
-Sì.

Sì?
-Mi arriva la parola "Pleiadiani", però non è riferita a noi.

No?
-No, noi...non ci riconosce, siamo nascosti, ci richiamerà.

Forse i Pleiadiani fanno parte delle nazioni.
[time 1.00.00] -Sì. Allora... ( Interferenza sonora che copre la voce del soggetto )

Sì. Forse volevi dire quello?
-Sì.

Invece io e te non ci conosce?
-La nostra nazione ci monitora. ( Interferenza sonora che copre la voce del soggetto )

Qual è?
- ( Interferenza sonora che copre la voce del soggetto ) Sono animici esseri umani.

Di questo Universo?
-Mi sembra di sì.

Sì?
-Hanno accorciato le distanze, per farsi più vicini.

Loro? Per noi, l'anno prossimo non c'è la possibilità, c'è solo per quelli delle nazioni?
-Dicono che l'anno prossimo avremmo terminato la nostra missione. ( Interferenza sonora che copre la voce del soggetto ).

Chi noi? Io e te?
-E dicono anche di non scegliere.

Come mai dicono di non scegliere?
-Tremendo inganno.

Cosa ti dicevo?!!  La scelta è sempre un'inganno.
-Ma l'amore è ingenuo e si lascia ingannare.

Certo.
-Dicono di non andare.

Di non andare dove?
-O qualcuno invierà delle vibrazioni alla mente e lei obbedirà, ma noi ci dovremo opporre perché saranno così potenti che saremmo tentati di cedere. Non dovremmo sottostare, abbiamo abbastanza forza per creare i mondi.

Chi invierà queste vibrazioni?
-Degli esseri orribili, a dir poco raccapriccianti.

Con quale intento faranno questo?
-Non vogliono che si creino più mondi, vogliono fermare le razze a questa. Voglio fermare l'evoluzione, la mutazione. Non vogliono più che ci sia rigenerazione.

Se le persone obbediscono a questi impulsi, accade così?
-Le persone obbediscono tutt'ora.

Immagino. [time 1.03.52] Quindi danno forza alla Non-Creazione?
-Sì. Perché sono attaccati, come i loro avi, alla preservazione di questa creazione. Sono lo stampo dei loro impositori. 

Chi sono?
-Quelli che stanno controllando la mente.

Quelli che stanno controllando la mente, sono lo stampo dei loro impositori?
-Gli uomini inconsciamente stanno ricevendo l'impronta di coloro che hanno influenzato ( Interferenza sonora che copre parzialmente la voce del soggetto ) a livello universale. Lo puoi vedere nelle loro idee razziali.

Noi dove andremo l'anno prossimo, una volta finita la nostra missione? Si sa?
-Nella pace del libero arbitrio.

Nella pace del libero arbitrio, sì? ( Breve silenzio spezzato da un suono che sembra il verso di un gufo, non si capisce bene ) Come mai loro adesso stanno parlando con noi?
-Possono parlare con chiunque sia ricettivo.

Sì?
-Il canale loro è sempre aperto, è da questa parte che in alcuni lo trovano chiuso, perché noi siamo tante piccole diramazioni.

Tante piccole diramazioni di cosa?
-Loro parlano come unico canale comunicativo, ma in noi sono costretti a diramarlo, perché noi siamo cellule a sé stanti, ancora intrappolate nella solitudine di un corpo. 

Anche loro hanno avuto il corpo prima?
-Non c'è questa concezione da loro, ma lo comprendono qui, perché ne hanno la possibilità.

Hanno la possibilità di comprenderlo?
-Sì. Noi siamo ancora troppo piccoli per comunicare con gli altri universi e per aiutarli eventualmente. [time 1.08.25] La comunicazione sta per finire. Anima deve usare molta energia per questo tipo di comunicazione.

Chiedi soltanto quello che t'interessava sapere prima, se la tua parte è rimasta intrappolata e la si può andare a riprendere.
-Qualcuno l'ha presa perché è arrabbiato per questo mio invadere i confini.

Chi l'ha presa?
-Perché io sono solo prigioniera qui...

Chi l'ha presa?
-Quello che non dovevi nominare prima. Quella notte se n'è preso un pezzo.

L'ha preso quella notte?
-Perché io non avevo difese.

Non avevi difese? Perché non avevi difese?
-Dicono perché non ero nel mio letto.

Le difese le hai solo nel tuo letto? Il letto ti difende?!!!
[time 1.10.07] -Nel mio letto, Anima ha disposto le sue parti, ma in un altro non poteva farlo con una tale velocità e lui ne ha approfittato.

Ha disposto le parti? Cosa significa?
-Ha creato una barriera, che le è stata data dai suoi, da quelli come lei che l'hanno mandata qui, però non è così veloce perché rimane comunque un'anima giovane e per molte cose è impreparata.

E' per quella ragione che stavi male? Ti venivano gli attacchi di panico perché ti hanno preso il pezzo?
-No.

Come mai avevi gli attacchi di panico allora?
-Per un ricordo.

Un ricordo?
-Sì.

Quello di quando ti ha preso l' "Up" ?
-Può essere, sì, ma non solo. S'intersecano i ricordi animici, con quelli infantili e creano una morte apparente, che fanno credere ad Anima di essere mortale e così lei si sente soffocare.

Questo pezzo possiamo andarcelo a riprendere? Il pezzo di Anima che ti hanno preso, possiamo andarlo a riprendere?
-Dicono che si può, ma adesso...

Non adesso chiaramente.
-Quando avrò più energia.

La prossima volta allora ci danno una mano ad andarlo a riprendere?
-Possono aiutare a ricomporre la mia anima, spezzettata.

Ringrazia e chiedi se la prossima volta che ci ricolleghiamo, ci aiutano a trovare la tua parte. Va bene?
-Va bene.

Ok?
-Dicono di stare attenti.

Noi stiamo sempre attenti, no?
-Dicono che ce ne sono molti, molto vicino. Sono preoccupati.

Addirittura sono preoccupati?
-Perché siamo assediati.

Va bene, di loro di aiutarci, invece di preoccuparsi, che non serve a niente.
-Lo stanno già facendo.

Allora non serve a niente preoccuparsi. O si agisce, oppure non serve a niente preoccuparsi.
-Sei sfacciato ( ride ), ma hai un'anima atipica.

Perché?
[time1.14.07] -Perché dicono che la tua ride. [ riferito alla parte Animica ]

Ride? E lo Spirito? Lo Spirito è di qua della Terra?
-Certo che no.

Da dove viene?
-Dal suo centro.

Il centro di cosa?
-Della Terra.

Tutti gli Spiriti vengono dal centro della Terra?
-No.

No?
-Dicono che il tuo Super Spirito è una bella gatta da pelare.

Perché è una bella gatta da pelare?
-Perché gli stai dando troppo potere.

[time1.15.15] Troppo potere?
-Sì.

Cosa dovrei fare?
-Ci devi parlare tu con loro.

Con loro chi?
-Con loro. Puoi farlo.

Dovrei dare meno potere a questo Spirito?
-Dovresti agglomerarlo di più con le tue parti, invece lui è in testa e comanda. Attento che non prenda il sopravvento.

Sì, allora ringraziali e digli che la prossima volta ci aiutino a trovare il tuo pezzo e così ritorni a riprenderlo. Va bene?
-Sì, va bene. Sarà una piccola cosa fatta per noi.

Sì, grazie, siamo contenti se fanno una piccola cosa per noi. Ringrazia e chiudi la comunicazione.




mercoledì 25 gennaio 2012

Krishnamurti: Problemi e fughe



«Ho molti seri problemi e mi sembra di renderli più tortuosi e dolorosi cercando di risolverli. Sono al limite delle mie risorse e non so che cosa fare. In aggiunta a tutto ciò, sono sorda e de­vo usare questa cosaccia come apparecchio acustico. Ho diversi figli e un marito che mi ha lasciata. Sono veramente preoccupata per i miei figli, perché voglio che evitino tutti i tormenti che ho patito io».

Come ci preoccupiamo di trovare una risposta ai nostri pro­blemi! Siamo talmente ansiosi di trovarla che non sappiamo considerare il problema; ciò impedisce la nostra quieta osser­vazione di esso. Il problema è la cosa importante, non la rispo­sta. Se cerchiamo una risposta, la troveremo; ma il problema rimarrà, dato che la risposta è estranea a esso. La nostra ricerca mira a una fuga dal problema e la soluzione è un rimedio superficiale, e così non si ha alcuna comprensione del proble­ma. Tutti i problemi sorgono da una fonte e, senza compren­derne la fonte, ogni sforzo per risolverli condurrà soltanto a nuova confusione e nuova infelicità. Innanzitutto si deve essere davvero certi che la propria intenzione di comprendere il problema sia seria, e realizzare la necessità di liberarsi di tutti i problemi, poiché solo allora ci si può avvicinare all’artefice dei problemi. Senza libertà dai problemi non può esserci tranquil­lità, e la tranquillità è essenziale alla felicità, la quale non è fine a se stessa. Come lo specchio d’acqua è immobile quando ces­sa la brezza, così la mente è immobile con la cessazione dei problemi. Ma la mente non può essere resa immobile; se lo è, è morta, è uno specchio d’acqua stagnante. Quando ciò è chia­ro, allora l’artefice dei problemi può essere osservato. L’osservazione deve essere quieta e non conforme a una qualche in­tenzione prestabilita, basata su piacere e dolore.

«Ma lei sta chiedendo l’impossibile! La nostra educazione esercita la mente a differenziare, a confrontare, a giudicare, a scegliere, ed è molto difficile non condannare o giustificare quel che viene osservato. Come ci si può liberare di questo condizionamento e osservare in modo quieto?»

Se si vede che l’osservazione quieta, che la consapevolezza passiva è essenziale alla comprensione, allora la verità della propria percezione libera dal retroterra culturale. È solo quan­do non si vede l’immediata necessità di una consapevolezza passiva, e ciò nonostante vigile, che sorge il «come», la ricerca di un mezzo che dissolva quel retroterra. È la verità a liberare, non il mezzo o il sistema. Ci si deve rendere conto della verità che solo l’osservazione quieta genera la comprensione. Allora soltanto si è liberi dalla condanna e dalla giustificazione. Quando si vede il pericolo non ci si domanda come fare a starne lontani. È perché non si vede la necessità di essere consape­voli passivamente che si domanda «come». Perché non ne vede la necessità?

«Lo voglio, ma non ho mai riflettuto in questa direzione prima d’ora. Tutto quello che posso dire è che voglio sbarazzarmi dei miei problemi, perché sono un vero supplizio per me. Voglio essere felice, come tutti.»

Consciamente o inconsciamente ci rifiutiamo di vedere quanto sia indispensabile essere consapevoli passivamente, perché non vogliamo veramente lasciare andare i nostri problemi. Che cosa saremmo senza di essi? Piuttosto che arrischiarci a inseguire qualcosa che può condurci chissà dove, preferirem­mo aggrapparci a qualcosa che conosciamo, per quanto doloroso possa essere. Quanto meno i problemi ci sono ben noti, mentre il pensiero di inseguirne l’artefice, non sapendo dove ciò possa condurre, suscita in noi paura e ottusità. La mente sarebbe perduta senza il fastidio dei problemi; si nutre di pro­blemi, siano essi mondiali o domestici, politici o personali, religiosi o ideologici. E così i nostri problemi ci rendono gretti e meschini. Una mente che si tormenta con problemi mondani è tanto meschina quanto quella che si preoccupa del progresso spirituale che consegue. I problemi gravano la mente di paura, poiché danno forza al sé, al «me» e al «mio». Senza problemi, senza successi e fallimenti, il sé non è.

«Ma come si può esistere senza il sé? È la fonte d’ogni azione.»

Fintanto che l’azione è il risultato del desiderio, della memoria, della paura, del piacere e del dolore, cagiona inevitabil­mente conflitto, confusione e antagonismo. La nostra azione è il risultato del nostro condizionamento, a qualsiasi livello, e la nostra risposta alla provocazione, essendo inadeguata e incom­pleta, non può far altro che produrre conflitto, che è il proble­ma. Il conflitto è la struttura propria del sé. È del tutto possi­bile vivere senza conflitto, il conflitto della bramosia, della paura, del successo, ma questa possibilità sarà meramente teo­rica e non effettiva sino a che non venga scoperta grazie all’esperienza diretta. Vivere senza bramosia è possibile solo quando siano comprese le vie del sé.

«Pensa che la mia sordità sia dovuta alle mie paure e alle mie repressioni? I medici mi hanno garantito che non c’è nulla che non vada strutturalmente. Ho qualche possibilità di riacqui­stare l’udito? Per tutta la vita sono stata repressa, in un modo o nell’altro. Non ho mai fatto quello che volevo veramente.»

Interiormente o esteriormente è più semplice reprimere che comprendere. Comprendere è difficile, specialmente per colo­ro che sono stati pesantemente condizionati dall’infanzia. Per quanto estenuante, la repressione diventa una questione di abitudine. La comprensione non può mai tradursi in un’abitu­dine, in una faccenda di routine; essa richiede un’attenzione, una vigilanza costanti. Per poter comprendere, devono esserci docilità, sensibilità, un ardore che non ha nulla a che fare con la sentimentalità. Qualsiasi forma di repressione non richiede alcuna stimolazione della consapevolezza. È il modo di reagire più comodo e più stupido. La repressione è il conformarsi a un’idea, a un modello, e dà una sicurezza, una rispettabilità su­perficiali. La comprensione libera, ma la repressione limita sempre, è causa del chiudersi in se stessi. La paura dell’auto­rità, dell’insicurezza, dell’opinione costruisce un rifugio ideologico, con la sua controparte fisica, a cui la mente si volge. Questo rifugio, a qualsivoglia livello si possa porre, alimenta sempre la paura e dalla paura derivano la sostituzione, la subli­mazione o la disciplina, che sono tutte forme di repressione. La repressione deve trovare uno sbocco, sia esso una malattia fisica o una qualche illusione ideologica. Si paga lo scotto a se­conda del proprio carattere e delle proprie idiosincrasie.

«Mi sono accorta che ogniqualvolta c’è da sentire qualcosa di spiacevole, io mi rifugio dietro questo apparecchio, che, conseguentemente, mi aiuta a fuggire nel mio mondo. Ma come ci si deve liberare dalla repressione di anni? Non richiederà mol­to tempo?»

Non è una questione di tempo, di scavare nel passato o di analisi accurata; è questione di vedere la verità della repressio­ne. Se si è consapevoli passivamente, senza scelta alcuna, dell’intero processo della repressione, se ne vede la verità. Non si può scoprire tale verità se si pensa in termini di ieri e di domani. La verità non deve essere capita con il passare del tempo. Non è cosa che debba essere conseguita. È vista o non è vista; non può essere percepita gradualmente. La volontà di liberarsi dalla repressione è un ostacolo alla comprensione della verità di essa, poiché la volontà è desiderio, sia esso posi­tivo o negativo, e con il desiderio non può esserci consapevo­lezza passiva. È il desiderio o la brama che cagiona la repres­sione; e questo stesso desiderio, sebbene sia ora chiamato volontà, non può mai liberarsi dalla sua creazione. Ancora una volta, si deve percepire la verità della volontà grazie a una consapevolezza passiva e, ciò nonostante vigile. 

L’analizzante, quantunque possa separarsene, è parte dell’analizzato e giac­ché è condizionato dalla cosa analizzata, non se ne può liberare. Ancora una volta, si deve vedere la verità di ciò. È la verità che libera, non la volontà e non lo sforzo.


venerdì 20 gennaio 2012

Krishnamurti: Sulla collera



Perfino a quell’altitudine il calore era intenso. Il vetro dei finestrini era caldo al tatto. Il costante ronzio dei motori dell’aereo aveva un effetto rilassante e molti dei passeggeri sonnecchiavano. La terra si stendeva assai al di sotto di noi, luccicando nel caldo: un marrone interminabile con un’occasionale chiazza di verde. Ben presto atterrammo e la calura si fece insopportabile, letteralmente penosa; anche all’ombra di un edificio ci sentiva­mo la testa scoppiare. L’estate era inoltrata e la campagna sem­brava un deserto. Decollammo di nuovo e l’aereo prese quota, in cerca di venti freschi. Due nuovi passeggeri sedettero sui se­dili opposti e presero a parlare ad alta voce; era impossibile non stare ad ascoltarli. Cominciarono piuttosto tranquillamente; ma presto la collera si insinuò nelle loro voci, la collera della fa­miliarità e del rancore. Nella loro impetuosità parevano avere scordato il resto dei passeggeri; se la prendevano a tal punto l’uno con l’altro, che non esisteva più nessuno, tranne loro.

La collera ha come caratteristica peculiare l’isolamento; come il dolore, essa isola e, se non altro momentaneamente, ogni re­lazione si interrompe. La collera ha la forza e la vitalità tempo­ranea dell’isolato. Nella collera c’è una strana disperazione, poiché l’isolamento è disperazione. La rabbia del disappunto, della gelosia, dell’impulso a ferire, dà una violenta liberazione il cui piacere è l’autogiustificazione. Condanniamo gli altri e proprio quella condanna è una giustificazione per noi stessi. Senza un qualsiasi atteggiamento, sia esso di presunzione o di autoumiliazione, che cosa siamo? Usiamo ogni mezzo per difenderci e la collera, come l’odio, è uno dei più semplici. Una cosa è la collera spontanea, un repentino infiammarsi che è presto dimenticato; ma un’altra è quella che è stata deliberatamente alimentata, che è stata premeditata e che mira a danneg­giare e a distruggere. La rabbia spontanea può avere delle cau­se fisiologiche che possono essere rilevate e curate; mentre molto più sottile e difficile da trattare è la rabbia come effetto di una causa psicologica. Alla maggior parte di noi non impor­ta d’essere in collera: troviamo delle scuse. Per quale motivo non dovremmo essere arrabbiati quando qualcuno viene maltrattato o quando lo siamo noi stessi? Così, giustamente, ci adiriamo. Non ci limitiamo a dire che siamo arrabbiati; ci di­lunghiamo in minuziose spiegazioni della causa di un tale stato. Non diciamo mai soltanto che siamo gelosi o aspri, ma lo giustifichiamo o spieghiamo. Chiediamo come possa esserci amore senza gelosia, oppure sosteniamo che la nostra asprezza è dipesa dalle azioni altrui, e così via.

Ciò che sostiene la collera, che le dà opportunità e profondità, è la spiegazione, la costruzione verbale, tacita o espressa. La spiegazione, tacita o espressa, agisce come uno scudo contro la scoperta di noi stessi quali siamo. Vogliamo essere lodati o lu­singati, pretendiamo qualcosa; e quando ciò non si verifica, ne siamo contrariati, ci inaspriamo o ingelosiamo. Allora, brutalmente o delicatamente, accusiamo qualcun altro; attribuendogli la responsabilità della nostra asprezza. Tu hai una grande importanza, perché la mia felicità, la mia posizione, il mio pre­stigio dipendono da te. Grazie a te, mi realizzo, dunque, tu sei importante per me. Devo proteggerti; devo possederti. Grazie a te, fuggo da me stesso, e quando vengo rigettato su di me, per timore del mio stato, vado in collera. La rabbia assume svariate forme: disappunto, risentimento, asprezza, gelosia, e via dicendo.

L’accumularsi della rabbia, che è risentimento, richiede l’anti­doto del perdono; ma l’accumularsi della rabbia è molto più si­gnificativo del perdono. Il perdono non è necessario se la rab­bia non viene accumulata. Il perdono è essenziale se c’è risentimento; ma l’essere liberi da adulazione e offesa, senza la durezza dell’indifferenza, favorisce la compassione, la benevo­lenza. Non ci si può liberare dalla collera con un atto di volontà, perché la volontà fa parte della violenza. La volontà è l’effetto del desiderio, è la brama di essere, e il desiderio nella sua essen­za è aggressivo, dominante. Sopprimere la collera per mezzo di uno sforzo della volontà significa trasferirla a un livello diffe­rente, dandole un nome diverso; ma essa continua pur sempre a far parte della violenza. Essere liberi dalla violenza, che non si­gnifica coltivare la non-violenza, implica la comprensione del desiderio. Non c’è un surrogato spirituale del desiderio; non lo si può sopprimere o sublimare. È necessaria una consapevolez­za del desiderio tacita e priva di scelta; e questa consapevolezza passiva è l’esperienza diretta del desiderio, senza che vi sia colui che esperisce a darle un nome.

mercoledì 18 gennaio 2012

Dialogo con Entità fuori Universo. I Parte


Anche questo,come la precedente seduta, più che una cosa ricercata, è stata una necessità, per permettere al soggetto di "svuotare tutte le informazioni" che gli stavano direttamente arrivando in testa, infastidendolo! 
Dopo una brevissima induzione, ( probabilmente anche non necessaria )  parte subito il dialogo qui riportato: 


[ per una più fede comprensione della trascrizione, si consiglia come sempre di leggere la leggenda,grazie! ] http://truerevolutionow.blogspot.com/p/legenda-colori-da-usare-nella-lettura.html


01/09/2011

[time00.52] Alcune informazioni arrivano anche dalla parte che è rimasta sulla soglia?
- Può essere benissimo.

Non riconosci la differenza?
-Esatto. Io non le sento mie queste.

Non le senti tue queste.
-No.

Quando le senti tue? Le hai mai sentite tue?
-No. Io parlo con la mia anima ogni tanto, ma le faccio domande su di me, non sull'esterno e sento quando parla lei perché la riconosco. ( interferenza sonora ) Io e Anima non parliamo di quello che avviene fuori.

 Ho capito, ma la tua parte fuori, ti ha mai mandato informazioni? ( parte frammentata della sua Anima ) Ti sto chiedendo questo.
-No, perché in questo periodo io continuo a vedere gli stessi, di cui ho parlato l'ultima volta. ( interferenza sonora ) Quelli blu, grandi, con le corna. ( ..caprinidi? )

Non mi hai detto dove li vedi quelli. Dove li vedi?
-Ogni tanto ho delle immagini di loro che fanno delle cose.

Cosa fanno?
-Camminano in questo posto che è tutto blu, loro sono azzurri, con queste corna grandissime, però non vedo che facciano qualcosa e neanche che inviino niente, però continuo a monitorare loro.

Tu?
-Sì, con il mio inconscio.

continua..

Loro si accorgono se tu stai guardando? Ti guardano anche loro?
-No, mi sento come se fossi vento, però non mi pare che le informazioni arrivino da loro.

Quando li hai visti? ..La volta precedente, nel tct, in cui hai detto che erano in una situazione simile alla nostra, poi quante altre volte li hai visti?
-Ogni tanto ho qualche flash, ma io zoommo sempre su uno a caso e li vedo camminare, li vedo immobili. Sono innoqui, a malapena provano sentimenti, ma molto lievi. Tra di loro sono onesti, però sono un po' chiusi. ( interferenza sonora ) Non capisco perché proprio loro. Io sento che noi siamo invasi dalle interferenze, fuori captano tutto. Anche ieri sera...io contino a chiedermi perché l'amore funzioni di più di tutti gli altri sentimenti, in realtà lui produce delle vibrazioni, aspetta ieri me la ricordavo, l'amore ti fa vibrare ad una frequenza tale, che ti fa rende al massimo delle tue potenzialità, e ti rende in linea con la fonte. E' per questo che nel nostro Universo funziona provare amore, non è una questione sentimentale, è una questione vibrazionale. Mentre l'odio ha delle frequenze che ti staccano completamente e ti mandano nella periferia della realtà e ti fanno arenare e così non c'è più circolo. Ai margini troppi si sono arenati e stanno invadendo tutto, quindi bisognerebbe cambiargli di materia e non so, non capisco...e farli passare su un altro piano. [time05.38] (forte interferenza vibrazionale e sonora) Non riesco a capire perché loro si aspettino che noi collaboriamo, quando non abbiamo le potenzialità per collaborare. Loro si aspettano che noi siamo allo stesso livello loro, dentro lo siamo, ma in questa realtà è come se non lo fossimo, quindi non ha senso che abbiano tutte queste aspettative nei nostri confronti. 

La realtà che c'è attorno è illusoria, quindi alla fine, le realtà vere sono quelle che vedono loro. La realtà che è attorno è l'inganno. Se capisci questo, capisci anche che le tue potenzialità sono libere.
-Si ma, Krishnamurti diceva che chi vive nell'illusione, fa dell'illusione la sua realtà e quindi non hai più niente oltre alla sua illusione. Ti privi di tutto ed è quello che sta succedendo a noi, quindi l'illusione è la realtà.
Sì, per tante persone sì.

-Anche per noi in realtà. C'è la barriera e questa non è distruttibile finché tutti non lo vogliono. Solo che loro ormai hanno già inziato.

Chi?
-Quelli che stanno fuori dalla Terra.

Hanno iniziato a fare cosa?
-A cimentarsi un po' per togliere l'erbaccia. Si aspettano che anche noi ci uniamo, ma non vedono che sulla Terra loro non sono neanche conosciuti e percepiti. E' come continuare a telefonare a qualcuno che non è a casa.

[ Non si capisce cosa chiede la guida ]
[time07.59] -Non l'hanno compreso bene perché sono troppo al di sopra di noi, altrimenti non ci sarebbero tutte queste incomprensioni.

Questi chi sono?
-Quelli dei pianeti "pacifici". Dei pianeti madri. ( Ride ) Che senso ha?

Dei pianeti madri, sì, dai quali probabilmente si espanse l'umanità?
-No. Non sono i creatori dell'umanità, sono i condivisori di anima.

Per l'appunto, i condivisori di anima, di umanità, tutti quelli che possono contenere anima, l'umanità?!
-Loro ci vedono ancora come se fossimo degli Adam.

Come fanno a vederci ancora come se fossimo degli Adam?
-Come se fossimo ancora i primi che siamo stati.

Come fanno a vederci così? Non vedono che le cose sono diverse?
[time09.23] - Li sorprende che siamo caduti ( in contenitori ) così piccoli. Non ci credono, non vogliono accettarlo perché a loro sembra un'assurdità che siamo andati in peggio, invece che in meglio.

Se ci hanno cambiato i contenitori, per forza è così. O no?
-Si sorprendono che degli Adam si siano fatti mettere in così bassa forma. Sembrerebbe quello ( si riferisce alla codificazione dell'informazione appena giuntale ).

Rimpicciolire così.
-Sì.

Loro hanno i corpi grandi?
-Loro sono parzialmente eterei.

Dove stanno i loro pianeti?
-Non molto lontani, io li vedo su di qua (indica una direzione), però sono grandi.

Sono più grandi i pianeti?
-Sì,  perché loro non si sono sparpagliati, hanno creato una materia che li contenesse tutti insieme. A differenza di noi, lavorano in squadra.

Come si chiama il loro pianeta?
-C'è una "G", però non riesco a capire.

Nel Sistema solare, o fuori?
- In realtà mi sembra vicinissimo.

Giove?
- Sì, però lo chiamano "Gionton", non riesco a capire. ( Ride ) Sembra il nome di un personaggio di Star wars! Sembrerebbe grande e marrone, a puntini bianchi. Sono tranquilli. Sento delle buone vibrazioni arrivare da lì.

Sì? Loro dove vivono? Sulla terra? Sotto?
- Loro sono come il vento. Non hanno un assetto sociale-territoriale. Sono come uccelli senza nido.

E come si chiamano loro?
-Loro?
Sì.

- Non te lo saprei dire, loro non si fanno chiamare, rifiutano di avere un'identità. Come sempre non sfuggo alle guardie che sono fuori.

Perché non sfuggi?
-Perché se ne sono accorte. Mi guardano sempre così male.

Chi sono queste guardie?
- Sono dei piccoli esseri, ma li vedo solo quando sono in connessione. Sono come dei goblin verdi, esteticamente orribili. Hanno dei bastoni con cui captano chi cerca di uscire dall'agglomerato. Dalle linee stabilite dai loro superiori, dall'altra razza. 

Chi è l'altra razza?
-Si nascondono. Sono i grandi verdi.

I grandi verdi?
-I più evoluti però.

Sono più evoluti?
Sì, sono più evoluti di quelli che hanno lasciato qui.

Quelli che hanno lasciato qui sono i guardiani e quelli verdi qui, sono quelli sopra?
[time14.01] - Sì, sono come dei nobili. La Terra è un posticino dove abbandonare i delinquenti, dove abbandonare i loro peggiori, per lasciarli scorrazzare qui in mezzo.

Sono quelli di ieri sera, in camera?
No. Non avresti dovuto chiamarlo lui.

Chi è?
-Lui...Non riesco a capire.

Non fa parte di loro?
-No.

Era verde anche quello?
-Aveva sfumature verdi.

Solo sfumature?
-Si. Lui è un sottoprodotto di..."Cadmo più basso." Ma che cosa significa?

Cadmo può significare "primo".
-E' un sottoprodotto di un Cadmo più basso.

Cadmo è il primo.
-Come sempre è un ruba energia, però lui si affeziona e si ingelosisce. ( ..amante astrale?! )

Quindi era geloso?
-Sì, perché mi vede come la sua sposa.

Un amante astrale che ruba energia.
- Sì. Fa tenerezza, però è spaventoso nelle sue energie, dovrebbe trovarsi una come lui.

Perché non si trova una come lui?
-Perché loro sono tutti gemelli. Non c'è distinzione tra uomo e donna. Lo diventano loro su questo piano.

Perché non se ne stanno loro tranquilli sul loro piano, senza avere bisogno di diventare uomo o donna?
-Perché c'è invidia.

Invidia di noi?
-Sì. Siamo come animali addomesticati. Carne fresca. 

Chi ci sta mandando queste informazioni?
-Lo so, ma non riesco ad attribuirvi un nome.

Sono quelli di Giove che vedevi prima? .. Sono altri?
[time 17.53]  -Sento che arrivano da un punto più remoto. Per comunicare non devi essere in un territorio controllato dagli scarti di Cadmo. Noi siamo assediati. Da dove provengono le informazioni c'è...è un punto vergine, un punto che non è stato violato, un punto casto, però è molto remoto e c'è una barriera astrale in mezzo perché è oltre l'Universo. Solo che oltre i collegamenti riescono a spingere ( forte interferenza sonora ) lo spazio cognitivo. 




Non riesci a definire chi sono?
-La mia mente non è impostata sul loro Universo, non riesce a razionalizzarli. Anche perché dicono che non ha importanza.

Era per sapere con chi si stava parlando.
-Dicono che è un capriccio prettamente umano.

Loro come hanno fatto ad isolarsi dalla barriera?
-Loro sono in un'altro Universo, è qualcosa di inconcepibile a noi. E' tutt'altra realtà. Noi non possiamo codificarla, la mente umana non è neanche in grado di immaginarla. Se la immaginasse, si creerebbe uno sfasamento del piano, quindi si annullerebbero entrambi gli universi. Un universo non può immaginare l'altro, perché non sa della sua esistenza, però le sue parti consapevoli possono comunicare tra loro e loro sentono che c'è necessità di comunicare qui. Loro dovevano farlo, qualcuno gliel'ha chiesto, perché chi comunica da qui dentro, può essere intercettato e attaccato, chi comunica da fuori non può essere codificato, quindi loro, senza alcun interesse o altro fine, comunicano senza essere scovati, perché non c'è mittente. Si può individuare solo il punto in cui la comunicazione entra nel nostro universo, ma non al di là. Oltre, anche gli scarti di Cadmo non possono arrivare. 

Loro non sono fisici?
-Da loro non esiste alcun nostro concetto. Non avremmo mai le domande giuste da porre loro, perché sarebbero tutte appartenenti a questo universo, non al loro.

Loro conoscono il creatore del loro Universo.
-Continuano a non voler rispondere.

Non vogliono rispondere?
-No.

Ho chiesto se conoscevano il creatore del loro universo.
-Dicono gli stessi.

Sempre gli stessi?
-Per "gli stessi", si riferiscono a qualcuno come loro, che non sono loro.

[time23.07] Hanno qualcosa d'altro, d'importante da comunicare?
- Vedo un'immagine. ( Interferenza sonora )

Di cosa?
-Vedo due occhi allungati a forma di goccia orizontale, con le punte all'esterno e un naso molto lungo e appuntito. ( Forte interferenza sonora ) Non capisco chi sia.


..Cosa? E' un'immagine loro?
- Credo di sì, ma non ne sono sicura.

Prima vogliono stare in incognito e adesso ti danno un'immagine.
-Forse è qualcuno da cui devo stare in guardia. ( Forte interferenza sonora ) Forse dopo, mi hanno mostrato l'immagine di una mantide, però non è riferito a loro.

Perché ti hanno mostrato l'immagine di una mantide?
-Perché le mantidi hanno la memoria più completa, anche se da loro bisogna stare in guardia in questo universo. Dicono che dobbiamo sfruttare le memorie dei nostri negativi, perché è l'unica ragione per cui ce li ritroviamo qui.

Come facciamo a sfruttare la memoria loro?
-Dicono che ci possiamo arrivare attraverso il collegamento, perché siamo tutti collegati.

Quindi collegarsi per sfruttare la loro memoria?
-Perché dicono che loro sono venuti qui, anche se non avrebbero dovuto. Se la sono cercata e quindi questa è l'unica cosa buona che possiamo prenderci da loro. Avere memoria per avere la completa chiarezza sull'Universo e il suo composto. Le nebulose sono importanti. 

Perché?
-Per gli agglomerati di stelle.

Perché a cosa servono?
-Per creare altre stelle. ( Ride )

Perché è così importante creare altre stelle?
-Perché da qui generano altre razze. C'è sempre un ciclo circolare.

Sì. [time: 26.37]
-Non può esserci una razza predominante, devono tutte nascere e mutare. ( Interferenza sonora molto forte e prolungata, che copre la voce del soggetto ) Le nuove razze devono prendere il nostro posto per riportare la pace qui. Noi siamo troppo indietro e i nostri corpi vibrano a frequenze troppo basse, si sta creando troppo disquilibrio.

Le mantidi non se n'erano andate dal nostro Universo? Sono ancora qui?
-Non è che siano sparite, a parte che la loro memoria è rimasta.

La loro memoria è rimasta nell'Akasha?
-No, qualcuno l'ha conservata in una sfera nella luna. ( Forte interferenza prima sonora e poi elettromagnetica ) La sfera è fatta con delle linee ad angoli retti che s'intersecano fuori dalla Terra in una sfera più piccola, chiara, grigia.

Sulla Luna?
-Si. Le loro memorie sono state conservate.

Chi le ha messe lì, i rettili?
-No, non capisco chi ce le ha messe ( Si sente un effetto sonoro di sottofondo alle parole del soggetto, che sembra una voce ) , forse le hanno lasciate loro.

Loro chi? Che fine hanno fatto loro?
-Le vedo su, lontane in alto. ( Parla delle mantidi ).

Sono andate via?
-Sì.

Come mai?
-[time: 29.13] ( Interferenza sonora molto forte e prolungata che copre la voce del soggetto ) ...animica.

Addirittura?
- ( Interferenza sonora molto forte e prolungata per diversi secondi che copre la voce del soggetto ). ( guarda caso sempre nei punti di maggior "interesse" )

Cosa?
- ( Interferenza sonora molto forte e prolungata per diversi secondi che copre la voce del soggetto ). Continuano a dirci sempre che siamo invasi. e che ci sono troppe entità che emanano energia negativa, che loro definiscono con così una frequenza molto bassa.

Non si può intervenire se c'è tutta questa frequenza bassa?
-Non si può, non si può assolutamente, non si può intervenire mai.

Se non si può intervenire perché ci sono tutte queste frequenze basse?
-Perché loro fanno il gioco...beh si sentono in effetti un po' sconsolati. Per questo, sanno di avere una certa responsabilità, ma i patti vogliono questo e loro li stanno...

Prima hanno una respondabilità e poi se ne pentono?
-la frequenza bassa può interferire perché la sua intersezione negativa... ( Forte interferenza sonora che copre la voce del soggetto ). La frequenza più alta da dignità all'amore e all'onestà e questo impedisce di interferire ( Forte interferenza sonora che copre la voce del soggetto ) ma dicono che...( voce coperta da interferenze!! )

Ci stiamo avvicinando al cambiamento qui tra un po'?
-Vedo che c'è uno squarcio di luce nella Terra.

E poi?
-Basta.

Cosa fa questo squarcio di luce nella Terra?
-Non possono mostrarmi ninet'altro.

Cosa fa?
-Non lo so.

E' positivo?
-Sì sì, ha vibrazioni positive. ( Ride ) Ti fa fluttuare...

Ti fa fluttuare?
-Sì. (Ride)

 [time: 33.36] I Demiurghi loro li vedono?
-No.

Perché?
-Perché sono chiusi nei loro "mondi". Il demiurgo prova repulsione per ciò che sta fuori dal suo Universo.

Però interagisce?!
-No, con loro non interagisce.

Con loro che sono fuori intendo.
-Dal loro Universo.

Nel nostro.
-Sì, è nostro, ma loro lo ritengono loro. In realtà con i Demiurghi non si può parlare, perché loro parlano con tutti gli esseri come si parla ad un neonato. Si sentono i padroni. 

Si sentono superiori?
-Si sentono antichi, forse perché lo sono, ma sono semplicemente delle vibrazioni negative evolute, a grandiosità estrema, questo li ha resi ancestrali, ma non positivi. Non ha abbassato le loro frequenze, ne ha solo allargato l'estensione. Loro sono l'ennesimo distacco ( Breve interferenza sonora che sembra simile a il verso di una civetta! ) da Cadmo, però [time35.57] è una violazione tutta loro ormai, è così tanto tempo che se la sono perfezionata.

E Cadmo dov'è finito?
-In un punto grande così ( Indica con l'indice e il pollice una grandezza minima ) del nostro Universo.

E' morto?
-Sembrerebbe.

Come?
-Dall' intersecamento con un'altro piano. ( Le ultime frasi sono disturbate da una interferenza sonora intermittente ) E' una stringa, un raggio è arrivato fino al nostro piano e questo ne ha provocato l'imprigionamento.

L'ha mandato qualcuno questo raggio?
-Credo che abbia tentato di aprirlo lui. Credo che lui stesse scoprendo l'Universo che sta di là.

Voleva andare nell'altro Universo?
-No no, voleva compenetrarsi con un'altro.

Ed è rimasto imprigionato?
-Eh sì. Perché il raggio l'ha rimpicciolito grande così, al centro del nostro ( Universo ) tra l'altro. Dicono che devono fare tanto sforzo per proteggermi.

Ti aiutano? Ti proteggono?
-Sì, mentre mi parlano sì.

Per parlarti.
-Sì, infatti mi vedo dentro una bolla tutta chiara.

[[time37.58] Perché? Chi vuole interferire? Sempre i soliti?
-Sì, sempre gli stessi e che cartteraccio duro che hanno...
Dicono che l'amore mi deve espandere, perché dentro di noi si trova una materia diversa da quella esterna e quindi possiamo comunque essere espansi al di là della nostra materia, ma è questo che i figli di Cadmo non vogliono farci sapere, perché ci espanderemmo troppo e creeremmo... (interferenza sonora che copre la voce del soggetto) ...una frequenza vibrazionale dell'Akasha. Forse saremmo quello. Che insistenza però, dicono che dobbiamo combatterli, sconfiggerli, però non capisco, non dev'essere un combattimento, non possono essere sconfitti. Eh no...

Cosa?
-E' così qui.

Non possono essere combattuti, né sconfitti?
-Non c'è questo concetto al di fuori del terrestre, è una cosa differente, loro in realtà mettono noi in questo grande fondale, piano, perché la fuori sono tutti in ordine, solo qui c'è caos, ne approfittano, ma fuori è tutto in ordine, solo qui c'è caos. E' per quello che noi desideriamo essere là fuori e non qui dentro.

Fuori cosa intendi?  Dal corpo o dall'universo?
-Fuori dalla Terra.

Fuori da questo Universo?
-Terra.

Perché solo sulla Terra c'è caos allora?
- Sì. Siamo una manipolazione anomala, perché per troppe manipolazioni..

Chi ha creato Cadmo?
-Un grande essere che ospita una nube nera. Viene da sotto. Nonè di questo Universo.

Un essere nero ha creato Cadmo?
-Sì.

[time: 41.54] Un essere negativo?
-Laggiù non c'è il concetto di negativo e positivo.

Laggiù intendi l'Universo sotto?
-Sì. Più ti allontani dal centro di questo Universo e più ci sono gli scarti di Cadmo. Lui li ha lasciati tutti lungo le pareti, per tenerli al buio nascosti. 

Perché?
-Perché potessero correre. Forse tentano di arrivare al centro e non ce la fanno.

Al centro di questo Universo?
-Noi siamo il centro, noi siamo un passaggio. Siamo gli ultimi raggi per arrivare a lui. E' per questo che veniamo così frastornati.

Perché noi siamo gli ultimi raggi per arrivare alla nube nera o al centro?
-Al centro c'è Cadmo, loro vengono dalle pareti per liberarlo e non ci riescono. Il nostro compito è di rimetterli al loro posto. 

Qual è il loro posto?
-Alle barriere. Sono coloro che impediscono agli universi di espandersi.

Questi che stanno ai lati?
- ( Forte interferenza sonora ) E' come una fortezza, un muro.

Gli Universi dovrebbero espandersi in teoria, no?
-Cercano dei buchi e questo crea scompensi perché s'infilano in fessure sconosciute, invece che avere un'espansione regolare a causa di questo blocco. Il blocco va tolto e ci vorranno ancora molti anni sovrauniversali ( Ride al suono di questa parola ), per raggiungere la meta.

Il centro?
-L'espansione totale e completa. Tutti gli Universi assieme che avvolgono la coscienza e le permettono di riassorbirla. ( Interferenza sonora che copre la voce del soggetto )

La Coscienza globale è una. Giusto?
[time: 45.42] -Già, ma lei ce li ha tutti intorno i suoi Universi. E' il Grande Spirito.

Chi è il Grande Spirito?
-La Coscienza, solo che con la parola terrestre, noi diamo più parole terrestri ad un significato, in realtà è una cosa sola.