giovedì 15 marzo 2012

Sulla Morte e sulla Vita


Ojai, 21 Agosto 1955
Domanda: Quando moriamo, rinasciamo su questa terra, o andiamo a finire in un altro mondo?
KRISHNAMURTI: Questa domanda interessa tutti noi, giovani e vecchi, vero? La esaminerò, dunque, piuttosto in profondità, e spero che sarete tanto bravi da seguire non solo le parole, ma l’esperienza effettiva di ciò che discuterò con voi.

Sappiamo tutti che esiste la morte, in particolar modo le per­sone anziane, e anche i giovani che la prendano in considera­zione. I giovani dicono: «Aspettiamo che arrivi e ce ne occupe­remo»; e siccome gli anziani sono già prossimi alla morte, fanno ricorso a varie forme di consolazione.
Seguitemi, per favore, e riferitelo a voi stessi; non scaricatelo su qualcun altro. Dato che sapete che morirete, avete delle teorie in proposito, giusto? Credete in Dio, credete nella re­surrezione, o nel karma e nella reincarnazione; affermate che rinascerete qui o in un altro mondo. Oppure, razionalizzate la morte, sostenendo che è inevitabile, che accade a tutti; l’albero si fa secco, nutrendo il suolo, e ne spunta uno nuovo. O inve­ce, siete troppo assorbiti dalle vostre quotidiane preoccupa­zioni, ansietà, gelosie, invidie, dalla vostra rivalità e dalla vo­stra ricchezza, per pensare davvero alla morte. Ma essa è nella vostra mente; consciamente o inconsciamente è lì. Per prima cosa, potete liberarvi delle credenze, delle razionalizzazioni, o dell’indifferenza che avete coltivato verso la morte? Potete li­berarvi di tutto ciò, adesso? Poiché ciò che conta è entrare nella casa della morte mentre si vive, mentre si è pienamente consci, attivi, in salute, e non attendere la venuta della morte, che può portarvi via fulmineamente per un incidente o per una malattia che, lentamente, vi renda incoscienti. Quando la mor­te arriva, deve trattarsi di un momento straordinario, vitale quanto il vivere.

Ora, posso io, potete voi entrare nella casa della morte mentre siete in vita? Questo è il problema – non se ci sia reincarnazio­ne, o un altro mondo in cui rinascerete, il che è in tutto e per tutto immaturo, infantile. L’uomo che vive non domanda mai: «Che cos’è vivere?», e non ha teorie sul vivere. Soltanto colui che è vivo per metà parla dello scopo della vita.

Quindi, possiamo voi e io, mentre siamo in vita, consci, attivi, nel pieno delle nostre capacità, quali che siano, sapere che cos’è la morte? Ed è, allora, la morte differente dal vivere? Per la maggior parte di noi vivere è una continuazione di ciò che pensiamo sia permanente. Il nostro nome, la nostra famiglia, la nostra proprietà, le cose in cui noi abbiamo un interesse acqui­sito da un punto di vista economico e spirituale, le virtù che abbiamo coltivato, le cose che abbiamo raggiunto emotivamente – tutto ciò che vogliamo continui. E il momento che noi chiamiamo «morte» è un momento dell’ignoto; siamo, dun­que, spaventati e cerchiamo, così, di trovare una consolazione, un qualche conforto; vogliamo sapere se vi sia una vita dopo la morte e un’infinità di altre cose. Questi sono problemi del tutto irrilevanti; sono problemi per gli indolenti, per coloro che non vogliono scoprire, mentre vivono, che cosa sia la morte. Possiamo dunque, voi e io, scoprirlo?

Che cos’è la morte? Certamente, è la cessazione completa di tutto quel che avete conosciuto. Se non è la cessazione di tutto quel che avete conosciuto, non è morte. Se conoscete già la morte, allora non avete nulla da temere. Ma la conoscete? Ossia, potete, mentre siete in vita, porre fine a questo incessante sforzo per scoprire nell’impermanente qualcosa che continuerà? Siete in grado di conoscere l’inconoscibile, quello stato che chiamiamo morte, mentre siete in vita? Potete ora accanto­nare tutte le descrizioni di ciò che accade dopo la morte lette nei libri, o dettate dal desiderio inconscio di conforto, e assapo­rare o sperimentare quello stato che deve essere straordinario? Se quello stato può essere sperimentato ora, allora il vivere e il morire sono identici.

Così, posso io, che ho una vasta educazione, una vasta cono­scenza, che ho avuto innumerevoli esperienze, lotte, amori, odi – può quell’«Io» giungere a una fine? L’«Io» è il ricordo impresso di tutto ciò, e può quell’«Io» giungere a una fine? Senza esservi condotti da un incidente, da una malattia, pos­siamo voi e io, mentre sediamo qui, conoscere quella fine? Al­lora vi scoprirete a non fare più stupide domande sulla morte e sulla continuità – se vi sia un aldilà. Allora conoscerete la ri­sposta da soli, perché ciò che è inconoscibile avrà avuto origi­ne. Allora accantonerete tutta la tiritera della reincarnazione, e le molte paure – la paura di vivere e la paura di morire, la pau­ra di invecchiare e di accollare ad altri l’onere di badare a voi, la paura della solitudine e della dipendenza – avranno fine. Queste non sono parole vane. È solo quando la mente cessa di pensare in termini di continuità personale che scaturisce l’Inconoscibile.

Nessun commento:

Posta un commento