domenica 18 dicembre 2011

Krishnamurti: Sulla Mente; il Confronto e l'Amore


Non penso che comprenderemo il complesso problema dell’amore fin quando non comprenderemo quello egualmente complesso che chia­miamo mente. Avete osservato, come si è indagatori da giovanissimi? Si vuole sapere e si osservano molte più cose di quanto non ne osservino gli adulti. Se si è appena un po’ svegli si osservano cose che gli adulti non vedono nemmeno. La mente quando siamo giovani è molto più vigile, molto più curiosa e desiderosa di sapere. Ecco perché impariamo tanto facilmente la matematica, la geografia o qualunque altra cosa. Man mano che cresciamo in età la mente si cristallizza sempre più, si fa pesante, ottusa. Avete notato come gli adulti sono prevenuti. La loro mente non è aperta; essi si avvicinano a tutto da un punto di vista fisso. Voi ora siete giovani; ma se non state molto in guardia anche la vostra mente diventerà così.
Non è dunque importantissimo comprendere la mente e vedere e invece di ottundervi gradatamente riuscire a rimanere duttili, capaci di pronto adattamento, di iniziative fuori dall’ordinario, di approfondita ricerca e comprensione in ogni settore della vita? Non si devono cono­scere le vie della mente per capire le vie dell’amore? Infatti è la mente che distrugge l’amore. Le persone che sono abili, astute e nient’altro non sanno cos’è l’amore perché la loro mente per quanto perspicace è tuttavia superficiale; essi vivono superficialmente, e l’amore non è cosa che si possa trovare in superficie.
Che cos’è la mente? Non dico semplicemente il cervello, l’organo fisico che risponde agli stimoli con diverse reazioni nervose e del quale potrà parlarvi qualsiasi fisiologo. Dovremo scoprire piuttosto cosa è quella mente che dice: “Io penso”; “È mio”:; “Sono offeso; “Sono geloso”; “Amo”; “Odio”; “Sono un Indiano”; “Sono mussulmano”; “Credo in questo e non credo in quello”; “Io so e tu non sai”; “Rispetto”; “Disprezzo”; “Voglio”; “Non voglio”. Che cos’è allora? Se non cominciate adesso a capire e a raggiungere una profonda familiarità con l’intero processo del pensiero che viene chiamato mente, se non ne siete pienamente consapevoli dentro di voi stessi, gradatamente man mano che vi farete adulti vi indurirete, vi cristallizzerete, diventerete ottusi, fissi in un determinato schema di pensiero.
Cos’è questa cosa che chiamiamo mente? È il nostro modo di pen­sare, no? Sto parlando della vostra mente, non di quella di un’altra qual­siasi persona, come cioè voi pensate e sentite, come guardate gli alberi, i pescatori, come considerate i contadini. La vostra mente si va grada­tamente distorcendo o fermando su un certo schema fisso. Volete qualcosa, lo volete con ardore, vorreste essere o diventare qualcosa e questo desiderio determina uno schema, vale a dire la vostra mente crea uno schema e ne rimane prigioniera. Il desiderio ha cristallizzato la mente.
Poniamo ad esempio che vogliate diventare una persona molto facoltosa. Il desiderio della ricchezza crea uno schema ed il pensiero ne rimane prigioniero; riuscite a pensare soltanto secondo quello schema e non siete capaci di superarlo. La vostra mente perciò si va lentamente cristallizzando, s’indurisce, si ottunde. Oppure se credete in qualcosa – in Dio, nel comunismo, in un dato sistema politico – proprio quella convinzione determina uno schema perché è risultato di un vostro desiderio ed il desiderio rafforza le impalcature dello schema. Grada­tamente la mente vi si va facendo sempre meno flessibile, sempre meno capace di penetrazione profonda, di genuina chiarezza, perché siete presi nel labirinto dei vostri desideri.
Dunque fin quando non cominciamo a esaminare questo processo che chiamiamo mentale, fin quando non ci familiarizziamo con esso e non comprendiamo qual è il nostro modo personale di pensare, non possiamo assolutamente capire che cosa sia l’amore. Non può esserci amore fintanto che la nostra mente desidera dall’amore certe determinate cose, oppure esige che esso agisca in una data maniera. Quando imma­giniamo quel che l’amore dovrebbe essere e gli diamo dei motivi, grada­tamente costruiamo uno schema d’azione per l’amore; ma allora non si tratta di amore, ma dell’idea che noi ci siamo fatta di come l’amore debba essere.
Supponiamo che io consideri mia moglie o mio marito alla stregua di un sari o di una giacca. Se qualcuno vi sottraesse la giacca sareste ansioso, irritato, incollerito. Perché? Perché quella giacca la considerate un oggetto di vostra proprietà; voi lo possedete e questo possesso vi fa sentire più ricchi, non è così? Se possedete molti vestiti vi sentite più ricchi non soltanto materialmente ma interiormente e quando qualcuno vi porta via la giacca vi irritate perché interiormente vi sentite defrau­dati del senso di ricchezza e di possesso che ve ne deriva.
Ebbene il senso di possesso crea una barriera contro l’amore. Se tu sei una cosa mia, proprietà mia, ti amo forse? Ti sento mia proprietà come un’automobile, una giacca, un sari, perché sentendomene proprie­tario sono appagato e da questo sentimento io dipendo; per me, nel mio intimo, è una cosa molto importante. Questo sentirsi proprietario, possessore di qualcuno, questa dipendenza emotiva da un’altra persona è quel che noi definiamo amore; ma se ci riflettete troverete che dietro la parola “amore” c’è un appagamento della mente derivante dal senso di proprietà. Quando possedete diversi bellissimi sari o una magnifica automobile, o una casa grande, il sentimento che deriva dal sapere che è cosa vostra vi dà una grande soddisfazione intima.
Così desiderando, volendo, la mente crea uno schema e ne resta poi prigioniera; allora si fa stanca, ottusa, stupida, incapace di pensare. La mente è il centro del senso di possesso, che ci fa sentire in chiave di “me”, di “mio”, ed anche di “io sono proprietario”, “io sono un uomo importante”, “io sono un uomo che val poco”, “sono stato insultato”, “sono lusingato”, “sono intelligente”, “sono avvenente”, “voglio farmi un nome”,”‘sono figlio o figlia di un uomo in vista”. Questo senso del “me” e del “mio” sta proprio al centro della mente, anzi è la mente stessa. Quanto più la mente alberga questo senso dell’essere qualcuno, dell’essere grande,molto capace, molto stupido, e via dicendo, tanto più eleva intorno a sé delle mura che la rendono circoscritta e ottusa. Allora subentra la sofferenza che si accompagna necessariamente a questa prigionia. E sof­frendo la mente dice: “Che debbo fare?”; ma invece di abbattere le mura che la circondano per mezzo della consapevolezza, di un’attenta meditazione, penetrando e comprendendo tutto quanto il processo che ha innalzato quelle mura, lotta per trovare qualcos’altro fuori di sé entro cui rinchiudersi ancor di più. In tal modo la mente gradatamente diventa una barriera che impedisce l’amore. Senza capire la natura della mente cioè senza capire i meandri del nostro pensiero, la sorgente intima che genera l’azione, non possiamo scoprire cosa sia l’amore.
La mente non è forse anche uno strumento di paragone? Sapete cosa vuol dire paragonare? Dite: “Questo è meglio di quello”; paragonate voi stessi a qualcun altro più bello o meno intelligente. Quando dite: “Ricordo un fiume che vidi l’anno scorso ed era ancor più bello di questo qui”, fate un paragone. Vi paragonate a un santo o ad un eroe oppure al sommo ideale. Questo giudizio comparativo ottenebra la mente; non la risveglia, non la rende comprensiva, disponibile. Se fate conti­nuamente dei confronti cosa avviene? Quando vedete un tramonto e lo paragonate subito col tramonto della sera precedente, oppure quando dite; “Quella montagna è bellissima, ma ne ho visto una ancor più bella due anni fa”, non guardate veramente la bellezza che vi sta davanti. Il confronto vi impedisce di averne una visione piena. Se guardandoti dico: “Conosco una persona molto più simpatica di te”, io non ti sto veramente guardando, no? La mia mente è occupata da altro. Per poter guardare appieno un tramonto bisogna non fare confronti; per guardarti veramente non devo paragonarti ad altri. È soltanto guardandoti appieno, senza fare un giudizio comparativo, che potrò capirti. Quando ti paragono ad altri non ti comprendo, mi limito a giudicarti, dico che sei fatto in questa o in quell’altra maniera. La stupidità deriva dunque dal mio paragone. Perché nel confrontarti con altri offendo la dignità umana. Ma quando ti guardo senza fare confronti allora la mia sola preoccupazione è comprenderti e proprio in questa preoccupazione, che non è mai comparativa, c’è intelligenza, c’è dignità umana.
Fino a quando la mente continua a far paragoni non c’è amore; e la mente fa sempre paragoni, soppesa, giudica. È sempre attenta a sco­prire quali possano essere i punti deboli; in tal modo non c’è amore. Quando madre e padre amano i figli non fanno confronti fra l’uno e l’altro. Ma se voi vi paragonate con uno più buono, più nobile, più ricco state tutto il tempo a preoccuparvi della vostra persona in relazione a qualcun altro e così create in voi stessi una mancanza di amore. In tal modo la mente giudica sempre più per confronti, sempre più diventa possessiva, sempre più dipende da altri e così finisce per stabilire uno schema del quale resta prigioniera. Siccome non le riesce di avere una visione nuova, fresca dei fatti, distrugge il profumo stesso della vita, cioè l’amore.

1 commento:

  1. Non c'è nessun luogo dove cercare la mente;
    È come le impronte degli uccelli nel cielo.
    Le oche selvatiche non intendono proiettare il proprio riflesso.
    L’acqua non ha intenzione di ricevere la loro immagine.
    Come una spada che taglia, ma non può tagliarsi;
    Come un occhio che vede, ma non può vedersi.
    Non puoi comprenderlo pensandoci;
    Non puoi cercarlo non pensandoci.

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